Enrico Ibsen
Il piccolo Eyolf
DRAMMA IN TRE ATTI
Traduzione di Ernesto Gagliardi.
MILANO
Fratelli Treves, Editori
1897.
Gli editori si riservano i diritti sulla proprietà letteraria, per tutto il Regno d’Italia, Trieste, Trentino e Canton Ticino.
Chi intende valersi di questa traduzione per la recita, deve assolutamente ottenerne il permesso dalla Società Italiana degli Autori, Corso Venezia, 16, Milano.
Tip. Fratelli Treves.
[1]
L’azione si svolge in una casa di campagna di Allmers, presso un fjord, a circa due miglia dalla città.
[3]
Una stanza ammobigliata riccamente e con gusto; fiori e piante decorative. In fondo una porta a cristalli che dà su una veranda verso giardino. Ampia vista sul fjord. Pendii boscosi in lontananza. Ad ambo i lati una porta; quella di destra è a doppio battente e si trova più verso il fondo. Sul davanti, a destra, un sofà con cuscini e coperte. All’angolo del sofà un tavolinetto e sedie. A sinistra, sul davanti, una tavola e seggioloni tutt’attorno. Sulla tavola una valigia aperta. È una mattina soleggiata d’estate.
(La signora Rita Allmers in piedi presso il tavolino, con la schiena rivolta a destra, sta difacendo un baule. Rita è una signora di circa trent’anni, slanciata, bionda. Indossa una vestaglia chiara. — Dopo una pausa entra la signorina Asta Allmers dalla porta di destra. Indossa un vestito da estate grigio chiaro, cappello, paltoncino, ombrellino e ha sotto il braccio una cartella chiusa, piuttosto grande. È snella, con capelli scuri, occhi pensierosi; ha 25 anni.)
Asta (dalla porta).
Buon giorno, cara Rita!
Rita
(voltando la testa verso di lei e salutandola amichevolmente).
Oh guarda! Sei tu, Asta? così per tempo dalla città.... Sin qua in campagna?
[4]
Asta
(posa il cappello e il paltoncino su una sedia presso la porta).
Sì, non potevo più starmene. Sentivo che dovevo venire a visitare il piccolo Eyolf, oggi. E anche te. (Posa la cartella sul tavolinetto presso il sofà). E son venuta col battello a vapore.
Rita (sorridendole).
E a bordo hai trovato probabilmente qualche buon amico? Così, proprio per caso, non è vero?
Asta.
No, non ho incontrato nessun conoscente. (Scorge la valigia) Ma Rita, cos’è questa?
Rita
(continuando a disfare la valigia).
È la valigia d’Alfredo. Non la riconosci?
Asta
(s’avvicina piacevolmente sorpresa).
Come! Alfredo è tornato?
Rita.
Sì, immaginati un po’, è tornato improvvisamente col treno di stanotte.
Asta.
Oh, ecco il mio presentimento! Era questo che mi spingeva qui! E non aveva scritto nulla? Nemmeno una cartolina postale?
Rita.
Nemmeno una parola.
[5]
Asta.
E telegrafato neppure?
Rita.
Questo sì, un’ora prima del suo arrivo. Molto laconico e freddo (ride). Non lo si riconosce a codesto, Asta?
Asta.
Certo.... Sempre di poche parole con tutti.
Rita.
Ma altrettanto più contenta son stata di riaverlo qui.
Asta.
Me lo posso figurare.
Rita.
Proprio quindici giorni prima di quando l’aspettavo.
Asta.
E sta bene? Non è di cattivo umore?
Rita.
(chiudendo la valigia e sorridendole).
No, anzi, mi è parso cambiato.
Asta.
E nemmeno un po’ stanco?
Rita.
Certo, stanco. Anzi, stanchissimo. Ma il poverino ha viaggiato quasi sempre a piedi.
Asta.
E poi l’aria di montagna sarà troppo rigida per lui.
[6]
Rita.
No, tutt’altro. Non l’ho sentito tossire nemmeno una volta.
Asta.
Vedi, dunque! Fu proprio bene che il dottore lo persuadesse a questo viaggio.
Rita.
Già, adesso che finalmente tutto è passato. Perchè, credimelo Rita, per me è stato un tempo terribile. Non ho mai voluto parlarne. E tu venivi tanto di rado da me....
Asta.
Ho avuto torto. Ma....
Rita.
Via.... non parliamone. Avevi da badare alla tua scuola in città. (sorride) E il nostro ingegnere, anche lui era in viaggio.
Asta.
Ah, sta zitta, Rita!
Rita.
Lasciamo pure stare l’ingegnere. Ma tu non ti puoi ideare quanto sentivo la mancanza di Alfredo! Che vuoto per me, quale squallore! Era come se ci avessi avuto un morto in casa!
Asta.
Dio buono, soltanto per sei o sette settimane!
Rita.
Già, ma devi pensare che prima Alfredo non mi aveva mai lasciata. Nemmeno per ventiquattro ore. Mai, in tutti i dieci anni.
[7]
Asta.
Appunto, era tempo, mi pare, che si decidesse una buona volta. Avrebbe dovuto andare in montagna ogni estate. Magari lo avesse fatto.
Rita
(con un leggero sorriso).
Ah sì, tu hai un bel parlare. Se io fossi ragionevole come te, allora lo avrei lasciato forse andar prima. Ma sentivo di non poterlo, Asta! Mi pareva che non sarebbe più tornato da me. Lo capisci...? lo capisci questo?
Asta.
No. Forse perchè non sono nel caso di perdere nessuno.
Rita
(con un sorriso malizioso).
Nessuno?... Nessuno?
Asta.
No, che io sappia (stornando il discorso.) Ma dov’è Alfredo? Dorme forse?
Rita.
Nemmeno per idea. Oggi si è alzato presto come al solito.
Asta.
Allora non sarà poi stato tanto stanco.
Rita.
Altro che; ieri sera al suo arrivo lo era davvero. Ma stamane ha avuto Eyolf in camera sua per più d’un’ora.
[8]
Asta.
Il povero piccino, così pallido! Ricomincerete a farlo tormentare colla grammatica e coll’abbaco.
Rita
(scuotendo le spalle).
Alfredo vuole così, lo sai bene.
Asta.
Sì, ma mi pare che tu ti dovresti opporre, Rita.
Rita
(un po’ impaziente).
No, credimi; non posso immischiarmi in questa faccenda. Alfredo deve ben capire simili cose meglio di me. E d’altronde di che dovrebbe Eyolf, occuparsi? Egli non può già correre, saltare, fare il chiasso come gli altri ragazzi.
Asta (risoluta).
Ne parlerò io ad Alfredo.
Rita.
Ma sì, fallo pure, cara Asta. Oh, eccoli appunto.
[9]
(Alfredo, tenendo Eyolf per la mano, entra dalla porta di sinistra. Allmers, che indossa un vestito da estate, è un uomo di trentasei o trentasette anni, snello, ben proporzionato, dallo sguardo dolce, con capelli e barba rada e scura. Il suo viso ha un’espressione seria e meditativa. Eyolf porta una specie di uniforme con cordoni e bottoni militari. Zoppica, e si sorregge con una gruccia sotto il braccio sinistro. La gamba è paralizzata. È piccolo di statura, ed ha begli occhi intelligenti.)
Allmers.
(lascia la mano di Eyolf e avanzandosi, piacevolmente sorpreso, verso Asta, le porge ambo le mani).
Asta! Cara Asta! Tu qui! Che piacere, rivederti subito!
Asta.
Ne sentivo il bisogno. Benvenuto di tutto cuore!
Allmers.
(scuotendo ambe le mani).
Hai fatto proprio bene!
Rita.
Non ha magnifica cera?
Asta.
(guardandolo fissamente).
Magnifica! Proprio magnifica! Gli occhi così chiari, così animati! Sei soddisfatto. Certo avrai scritto tanto in questo tempo? (piacevolmente agitata) Forse, hai finito il tuo libro, Alfredo?
[10]
Allmers
(facendo spallucce).
Ah il libro? ah, il....
Asta.
Mi ero immaginata che appena messo in viaggio, la penna ti scorrerebbe così facilmente.
Allmers.
Questo me l’ero immaginato anch’io. Ma, vedi, è successo tutto l’opposto. Non ho scritto nemmeno una riga....
Asta.
Non hai scritto!
Rita.
Ah.... così?... Non sapevo spiegarmi tutta quella carta bianca nel tuo baule.
Asta.
Ma, caro Alfredo, cosa hai dunque fatto in tutto questo tempo?
Allmers (sorridendo).
Ho seguito soltanto i miei pensieri, ho pensato, pensato, sempre.
Rita
(posandogli un braccio sulla spalla).
Hai pensato anche a quelli che erano restati a casa?
Allmers.
Certo che l’ho fatto. Anzi, moltissimo. Giorno e notte.
Rita (svincolandosi).
Allora va bene.... va benissimo.
[11]
Asta.
Ma al libro non hai proprio lavorato? E ciò non ostante hai l’aria così soddisfatta? Ordinariamente è tutto il contrario quando il lavoro stenta a escirti di mano.
Allmers.
Hai ragione. Prima, sì certo, ero così sciocco. Pensare, è il meglio che si possa fare. Ciò che si scrive non vale molto.
Asta (esclama).
Non vale molto....
Rita (ridendo).
Ma impazzisci, Alfredo?!
Eyolf
(contemplandolo con fiducia).
Ma sì, babbo, quello che scrivi tu, quello vale.
Allmers
(sorridendo e accarezzandogli la testa).
Ebbene, se lo dici tu, allora. Ma credi a me, dopo viene un altro, e fa meglio.
Eyolf.
Ma chi è dunque quest’altro, ah, dillo, babbo!
Allmers.
Un po’ di pazienza. Verrà certo o si farà sentire.
Eyolf.
E cosa farai tu allora?
Allmers (serio).
Allora ritorno in montagna.
[12]
Rita.
Oibò! Vergognati, Alfredo!
Allmers.
Su, sulle cime sui vasti altipiani.
Eyolf.
Babbo, non credi che presto starò così bene, da poter venire con te?
Allmers
(dolorosamente commosso).
Oh, sì. Forse, piccino mio.
Eyolf.
Mi arrampicherei con tanto piacere su pei monti!
Allmers
(stornando il discorso).
Ma come sei ben vestito oggi, Eyolf!
Eyolf.
Non è vero, eh?
Asta.
Sicuro. Ti sei messo il vestito nuovo pel babbo?
Eyolf.
Già; ho tanto pregato la mamma. Volevo che il babbo me lo vedesse addosso, l’ho voluto io.
Allmers (piano a Rita).
Non avresti dovuto fargli un simile vestito.
Rita (piano).
Mi tormentava sempre per averlo. Mi ha pregata con tanto fervore! Non mi dava più pace.
[13]
Eyolf.
E bisogna che ti racconti anche questo, babbo. Il signor Borgheim mi ha comprato un arco. E mi ha insegnato anche a tirare.
Allmers.
Così va bene, questo è proprio qualcosa per te, Eyolf.
Eyolf.
E quando viene quest’altra volta, gli domando per piacere che m’insegni a nuotare.
Allmers.
Nuotare! perchè?
Eyolf.
Alla spiaggia, tutti i ragazzi sanno nuotare. Io son l’unico che non lo sappia.
Allmers
(abbracciandolo commosso).
Imparerai tutto, tutto quel che ti pare! Tutto quello che ti fa piacere.
Eyolf.
Sai, babbo, cosa mi piacerebbe più di tutto?
Allmers.
Che cosa?
Eyolf.
Più volentieri di tutto vorrei imparare a fare il soldato.
Allmers.
Ah, piccino mio, ci son tante altre cose, che son molto migliori.
[14]
Eyolf.
Ma quando sarò grande, bisognerà che faccia il soldato. Lo sai bene.
Allmers
(contorcendo le mani).
Sicuro, sicuro: vedremo.
Asta
(sedendosi al tavolino di sinistra).
Eyolf, vieni qui da me, ti racconto una bella cosa.
Eyolf
(andando da lei).
Cosa, zia?
Asta.
Immaginati un po’, ho veduto la vecchia dei topi.
Eyolf.
Cosa! L’hai vista tu! Ah! non me la dai a bere!
Asta.
Proprio, davvero, l’ho vista ieri.
Eyolf.
Ma dove?
Asta.
Sulla strada maestra, vicino alla città.
Allmers.
Anch’io l’ho vista in qualche luogo, lassù in montagna.
Rita
(che si è seduta sul sofà).
Forse verrà anche qui, Eyolf.
[15]
Eyolf.
Zia, non è curioso, che una si chiami la vecchia dei topi?
Asta.
La chiamano così appunto perchè il suo mestiere è d’andare intorno pel paese a scacciare i topi.
Allmers.
Il suo vero nome dev’essere Warg, così ho sentito dire.
Eyolf.
Warg? Ma vuol dir lupo.
Allmers
(accarezzandogli i capelli).
Sicuro, lo sai anche tu, Eyolf?
Eyolf (sopra pensiero).
Allora è forse vero che la notte la si cambia in lupo. Ci credi tu, babbo?
Allmers.
No, non lo credo. Ma ora, piccino mio, devi scendere un po’ in giardino a giuocare.
Eyolf.
Non è meglio che prenda qualche libro?
Allmers.
No, da ora in poi, nessun libro più. Va piuttosto alla spiaggia cogli altri ragazzi.
Eyolf
(un po’ impacciato).
No, no, babbo, oggi non ho voglia di andare laggiù.
[16]
Allmers.
E perchè no?
Eyolf.
Perchè ho questo vestito.
Allmers
(corrugando la fronte).
Si burlerebbero forse del tuo bel vestito?
Eyolf.
No, non l’osano; se mai.... li picchierei.
Allmers.
E allora, perchè?
Eyolf.
Ma i ragazzi son tanto cattivi. Mi dicono sempre che non potrò mai far il soldato.
Allmers
(reprimendo il cordoglio).
E perchè credi che dicano così?
Eyolf.
Saranno invidiosi di me. Vedi, babbo, son così poveri che devono correre tutto il giorno scalzi.
Allmers
(piano con voce soffocata dal dolore).
Oh, Rita, come tutto ciò mi strazia il cuore.
Rita
(alzandosi, conciliante).
Calma, soltanto calma!
[17]
Allmers (minaccioso).
Quei ragazzi! saprò bene insegnar loro a rispettarti.
Asta (ascoltando).
Qualcuno picchia.
Eyolf.
È certo il signor Borgheim.
Rita.
Avanti!
(La vecchia dei topi entra adagio e cautamente dalla porta di destra. È una donna piccola, gracile, incartapecorita, dai capelli grigi e gli occhi vivi e penetranti. Indossa un vestito antiquato a fiorellini, una mantellina di velluto, e porta un cappello in forma di cappuccio. Ha in mano un grande ombrello rosso, e al braccio, attaccato ad un cordone, una borsetta.)
Eyolf.
(tirando Asta pel vestito piano).
Zia. È certo lei!
La vecchia.
(fa un inchino dalla porta).
Con buona licenza di lor signori, hanno in casa qualche rosicchiante?
Allmers.
Noi, no, non credo.
[18]
La vecchia.
Se sì, io ne libererei la casa, padroni miei, col più gran piacere.
Allmers.
Va bene, abbiamo capito. Ma qui non c’è nulla di simile.
La vecchia.
Che disgrazia! Adesso faccio appunto il mio giro. Chi sa quando ricapiterò da queste parti. Ah, come sono stanca!
Allmers
(accennandole una sedia).
Infatti, ha l’aria stanca.
La vecchia.
Non si dovrebbe mai stancarsi di fare del bene a quei poveri piccini, che son odiati e perseguitati tanto duramente. Invece, ci si stanca.
Rita.
Non vuole accomodarsi e riposarsi un momento, dica?
La vecchia.
Mille grazie (si siede tra la porta e il sofà). Sono stata fuori tutta la notte per affari, sa.
Allmers.
Tutta la notte?
La vecchia.
Già. Nelle isole laggiù (con riso schiacciante). Parola, mi han fatta venire apposta. Dev’esser loro costato proprio uno sforzo. Ma non c’era altro rimedio. [19] Bisognava bene che addentassero la mela acerba. (Guarda Eyolf ammiccandogli). Mela acerba, signorino mio, mela acerba.
Eyolf
(un po’ sconcertato, involontariamente).
Perchè dovevano?
La vecchia.
Cosa, dunque?
Eyolf.
Addentarla?
La vecchia.
Perchè non avevano più da mangiare, a causa dei topi, dei sorci, dei ratti, dei topini e toponi che divoravano tutto, capisce, signorino?
Rita.
Possibile un tale flagello?
La vecchia.
Oh, era un formicolìo, un brulichìo (ride di compiacenza tra sè). Fin nei letti saltavano e rosicchiavano tutta la notte quanto è lunga. Sguazzavano nei mastelli del latte. Sguizzavano e sfrusciavano, in lungo e in largo, sui pavimenti. Ma sopraggiunsi io e un altro. E li prendemmo tutti, quanti erano. Le piccole, care creaturine! Noi due ce la potemmo con tutti quanti.
Eyolf (con un grido).
Babbo, ma guarda, guarda!
Allmers.
Cosa c’è?
[20]
Eyolf (accennando).
Nella borsa qualcosa si muove!
Rita.
Mandala via, Alfredo!
La vecchia (ridendo).
Ah, carissima, padrona mia, non abbia nessuna paura di una bestiola come questa.
Allmers.
Che è mai?
La vecchia.
Ma è il mio caro bassotto. (Scioglie il cordoncino della borsa). Vieni pur fuori dalla tua prigione, tu amicuccio del mio cuore! (il bassotto sporge il musetto nero e schiacciato all’apertura della borsa).
La vecchia
(ammiccando e accennando a Eyolf).
S’avvicini pure, mio caro guerriero ferito. Non morde. Vieni, vieni, dunque!
Eyolf
(abbrancandosi ad Asta).
No, no.
La vecchia.
Non trova che ha un visino dolce e grazioso, signorino mio?
Eyolf
(accennando stupefatto al canino).
Quello lì?
La vecchia.
Certo, proprio lui.
[21]
Eyolf
(a mezza voce, fissando incessantemente il canino).
Mi pare che abbia il più orribile muso che abbia mai visto.
La vecchia
(richiudendo la borsa).
Oh, no, signorino, vedrà.... vedrà.
Eyolf
(le si avvicina involontariamente e carezza cautamente la borsa).
Lei lo trova bello? proprio bello?
La vecchia.
Adesso è così stanco e spossato il poverino. Ah, molto stanco (guardando Allmers). Perchè una ridda simile, stanca chiunque, lo può credere a me, padron mio.
Allmers.
Una ridda? Come sarebbe a dire?
La vecchia.
La ridda per ammaliarli.
Allmers.
Ah, ah, è il cane che ammalia i topi?
La vecchia (ammicca di sì).
Il mio bassotto d’oro ed io. Noi due insieme. Va tutto così liscio. Vede! Gli passo un cordone al collare. Poi lo conduco tre volte tutt’attorno la casa. E suono lo zufolo. E quando loro lo sentono devono salire dalle cantine e scendere dai tetti e sguisciare fuori dai fori, tutti, tutte quante, le piccole, graziose bestiole.
[22]
Eyolf.
E lui li ammazza co’ denti?
La vecchia.
Oh, Dio mi guardi! No, io e il canino andiamo giù sino al battello. E loro ci seguono tanto i vecchi, quanto quelli sguizzati allora allora dal nido.
Eyolf (ansiosamente).
E poi? Via, racconti!
La vecchia.
Poi colla barca ci scostiamo dalla spiaggia. E io dimeno il remo e suono lo zufolo. E il mio bassotto d’oro viene a nuoto (con gli occhi rilucenti). E tutti tutti quelli che sguizzano, scodinzolano, rosicchiano, ci seguono nell’acqua lontano, sempre più lontano. Non possono fare altrimenti.
Eyolf.
Perchè non possono fare altrimenti?
La vecchia.
Appunto perchè non vogliono. Perchè hanno tanto raccapriccio per l’acqua perciò devono avanzare sempre nell’acqua.
Eyolf.
Affogano allora?
La vecchia.
Tutti. E in fondo all’acqua si trovano così nel silenzio, così all’oscuro, come meglio non potrebbero desiderare, i cari piccini. Là al fondo dormono tanto a lungo e così placidamente. Tutti, tutti quelli che la gente odiava e perseguitava (si alza). Già, prima, non [23] avevo bisogno di bassotto. Allora li ammaliavo io stessa. Io sola.
Eyolf.
Ma cosa ammaliava?
La vecchia.
Gli uomini, specialmente uno.
Eyolf (ansioso).
Ah, sì, che uomo era?
La vecchia (ridendo).
Era il mio damo.... Lei, piccolo seduttore. Lei!
Eyolf.
E dov’è adesso?
La vecchia (duramente).
Laggiù insieme con tutti i topi (rabbonendosi). Ma adesso bisogna che me ne rivada pei miei affari. Son sempre in viaggio. (a Rita) Oggi non hanno proprio bisogno di me, padroni? Altrimenti potrei sbrigarli subito.
Rita.
Grazie; non mi pare di averne bisogno.
La vecchia.
Bah, bah, cara signora mia, non si può mai sapere. Se s’accorgessero, padroni riveriti, che qui c’è qualcosa che rode, scricchiola, guizza e scodinzola, facciano chiamar me e il bassotto d’oro. Riverisco; umilissimi rispetti (esce dalla porta di destra).
[24]
Eyolf
(piano, ad Asta).
Ah, zia, l’ho vista anch’io la matrigna dei topi.
(Rita esce sulla veranda e si sventola con la pezzuola. Poco dopo Eyolf esce cautamente ed inosservato dalla porta di destra).
Allmers
(prende in mano la cartella sul tavolinetto).
È tua, Asta?
Asta.
Sì, è mia. Ci ho messo una parte delle vecchie lettere.
Allmers.
Le lettere di famiglia?
Asta.
Mi avevi pregata di ordinarle durante la tua assenza.
Allmers
(le accarezza i capelli).
E anche per questo hai trovato il tempo?
Asta.
Oh, certo, l’ho fatto parte qui, parte a casa mia in città.
[25]
Allmers.
Ti ringrazio, cara Asta. Ebbene, ci hai trovato qualcosa di particolare?
Asta.
Ah, una cosa o l’altra si trova sempre in queste vecchie carte; lo sai bene. (seria e adagio) Nella cartella ci son le lettere alla mamma.
Allmers.
Quelle le serbi certo per te.
Asta
(vincendo sè stessa).
No. Devi leggerle tu pure, Alfredo. Con comodo, in avvenire.
Allmers.
Non è necessario, cara Asta. No, le lettere di tua madre, non le leggo.
Asta
(posando fermamente lo sguardo sopra di lui).
Allora, una volta o l’altra, così in qualche ora intima ti racconterò io qualcosa di quanto contengono.
Allmers.
Sì, piuttosto così. Tu intanto serba le lettere di tua madre. Già, non hai mica tanti suoi ricordi.
(Porge la cartella ad Asta. Ella la prende e la posa sulla sedia sotto il paltoncino. Rita rientra in scena).
Rita.
Mi pare che quella vecchia di mal augurio ci abbia portato in casa un’aria di funerale.
Allmers.
Qualcosa di mal augurio l’aveva certo.
[26]
Rita.
Mi son sentita proprio male, sinchè è restata qui con noi.
Allmers.
Del resto, so benissimo farmi un concetto della forza maggiore di cui parla. La solitudine tra quelle cime e lassù, sugli altipiani, ha qualcosa d’analogo.
Asta
(osservandolo attentamente).
Ma si può sapere cos’è successo in te, Alfredo?
Allmers (sorridendo).
In me?
Asta.
Appunto, qualcosa ci deve essere. Si direbbe quasi una trasformazione. Anche Rita lo ha osservato.
Rita.
Certo, me ne sono accorta subito al tuo arrivo. Ma soltanto in bene, non è vero Alfredo?
Allmers.
Doveva essere in bene. E sarà, lo deve essere pel meglio.
Rita (eccitata).
Per viaggio ti è capitato qualcosa! Non lo negare! Ti si legge in viso!
Allmers
(scuotendo la testa).
Non mi è capitata la più piccola cosa, esternamente, intendiamoci, ma....
Rita (ansiosamente).
Ma?
[27]
Allmers.
Che nel mio interno si sia compita una piccola trasformazione, è innegabile.
Rita.
Oh, Dio!
Allmers
(conciliante, accarezzandole la mano).
Tutto pel meglio, cara Rita. Ne puoi essere certa.
Rita
(sedendosi sul sofà).
Bisogna che tu ce lo racconti subito. Tutto, tutto!
Allmers
(rivolgendosi ad Asta).
Sia pure, sediamoci anche noi due. Poi mi proverò a raccontare, meglio che mi sarà possibile.
(Si siede sul sofà vicino a Rita. Asta avvicina una sedia e si siede proprio vicino a lui. Breve pausa).
Rita
(guardandolo con la massima aspettazione).
E così?
Allmers
(guardando davanti a sè).
Quando ripenso alla mia vita passata, al mio destino, negli ultimi dieci, undici anni, mi par di esser vissuto in una novella o in un sogno. A te no, Asta?
Asta.
Certo, in molte cose.
Allmers (continuando).
Quando penso cosa eravamo prima, noi due, Asta. Noi due orfani, privi di mezzi.
[28]
Rita (impaziente).
Ah, da allora è già passato tanto tempo.
Allmers
(senza fare attenzione a lei).
E ora vivo nell’agiatezza, nella dovizia. Ho potuto coltivare la mia inclinazione, la mia vocazione. Ho potuto lavorare e studiare a mio bene placito (porgendo la mano). E questa immensa, inconcepibile felicità la dobbiamo a te, cara Rita.
Rita
(dandogli un colpetto sulla mano, metà in ischerzo, metà adirata).
Ma la vuoi finire con questo sciocchezze?
Allmers.
Le ho menzionate, soltanto per cominciare.
Rita.
Ah, sopprimiamo l’introduzione!
Allmers.
Rita, non credere che io sia andato in montagna pel consiglio del medico.
Asta.
Come no, Alfredo?
Rita.
No? e cosa ti ci ha spinto, allora?
Allmers.
La causa era che non trovavo più pace al mio tavolino da lavoro.
[29]
Rita.
Non trovavi più pace! Ma, Alfredo mio, chi mai ti disturbava?
Allmers
(scuotendo il capo).
Nulla del mondo esteriore. Ma avevo il sentimento di sciupare addirittura le mie migliori qualità, cioè, le trascuravo, dissipavo il mio tempo.
Asta.
Anche quando lavoravi al tuo libro?
Allmers (annuendo).
Certo, non è quella la sola cosa di cui sia capace. Dovrei saper compiere ben altro.
Rita.
E ti lambiccavi il cervello sempre per codesto?
Allmers.
Principalmente per questo.
Rita.
E per codesto eri tanto mal contento di te negli ultimi tempi? E anche con noi. Poichè lo eri, non è vero?
Allmers
(guardando innanzi a sè).
Mi consumava la vita alla scrivania, tutti i santi giorni. Talvolta anche la metà della notte. Lavoravo sempre al grosso, voluminoso libro sulle: Responsabilità umane.
Asta
(posando la mano sul suo braccio).
Ma Alfredo, quel libro è ben il compito della tua vita?
[30]
Rita.
Sicurissimo! questo l’hai pur ripetuto tante volte.
Allmers.
Credevo anch’io che così fosse. Fin da quando ero appena escito dall’adolescenza. (con fervore) Poi, cara Rita, tu mi desti la possibilità di mettermi al lavoro.
Rita.
Ah, sciocchezze!
Allmers (sorridendole).
Tu con i tuoi monti d’oro....
Rita.
(metà scherzando, metà sul serio).
Siamo sempre daccapo con queste fandonie!
Asta
(guardandolo angosciosamente).
Ma il libro, Alfredo?
Allmers.
Esso cominciò in certo qual modo ad allontanarsi da me! E sempre più mi s’impose il pensiero dei maggiori doveri che m’incombevano.
Rita
(afferrandogli la mano con esultanza).
Alfredo?
Allmers.
Il pensiero di Eyolf, cara Rita.
Rita
(lasciando cadere la mano di lui, disillusa).
Ah, sì.... il pensiero di Eyolf!
[31]
Allmers.
Il piccolo Eyolf, poverino, mi si è abbarbicato sempre più profondamente nell’anima. Dopo la sua sciagurata caduta che l’ha ridotto... E specialmente, dacchè abbiamo la certezza che tutti i rimedi sono inefficaci.
Rita (persuasiva).
Ma se te ne occupi quanto più puoi, Alfredo!
Allmers.
Come un precettore, sì certo. Ma non come un padre. E da ora innanzi voglio essere un padre per Eyolf.
Rita
(lo guarda scuotendo la testa).
Non ti capisco bene.
Allmers.
Intendo dire che voglio adoperare tutte le mie forze per rendergli l’inevitabile più leggiero e facile che sia possibile.
Rita.
Ah, ma sai. Grazie a Dio non credo che egli se ne accori tanto profondamente.
Asta (commosso).
Oh, sì, Rita, se ne accora!
Allmers.
Convinciti pure, che la sua disgrazia egli la sente.
Rita (impaziente).
Ma che cosa puoi fare di più per lui?
Allmers.
Voglio cercare di svegliare tutte le felici disposizioni [32] che sonnecchiano nella sua anima di fanciullo. Voglio far crescere rigogliosi tutti, tutti i nobili germi che nasconde in sè; essi devono fiorire e dar frutti. (Si alza, animandosi sempre più) E voglio fare anche più! Lo voglio aiutare a mettere all’unisono i suoi desideri, con quello che può conseguire. Oggi pur troppo, tutta la sua ambizione, tutte le sue aspirazioni, si concentrano su quello che in tutta la sua vita non potrà mai conseguire. Ma io voglio destare il sentimento della felicità nell’anima sua (passeggia un paio di volte su e giù per la scena. Asta e Rita lo seguono con i loro sguardi).
Rita.
Dovresti considerare le cose con maggiore tranquillità, Alfredo!
Allmers
(si ferma presso la tavola di sinistra e la contempla entrando).
Eyolf riprenderà l’opera della mia vita. Se lo vorrà, intendiamoci. Oppure deve potere scegliere qualcosa altro, che sia proprio e completamente suo. Anzi piuttosto questo. In tutti i casi, adesso tronco, interrompo l’opera mia.
Rita (alzandosi).
Ma, carissimo Alfredo, non puoi lavorare contemporaneamente per Eyolf e per te?
Allmers.
No, questo non lo posso. Impossibile! Non posso dividermi. E perciò io mi sacrifico. Eyolf deve diventare la corona della nostra famiglia. Far di lui questo, sarà il nuovo compito della mia esistenza.
[33]
Asta
(alzandosi e avvicinandoglisi).
Tu devi avere sostenuta una terribile lotta interna, Alfredo!
Allmers.
Senza dubbio. Qui, a casa, non mi sarei mai inteso con me stesso, non mi sarei mai imposta tanta abnegazione. Qui, a casa, giammai.
Rita.
E per codesto sei andato in montagna questa estate?
Allmers
(con gli occhi splendenti).
Sì! E così giunsi lassù nella solitudine infinita. Vidi come il sole gettava i suoi raggi sulle cime. Mi sentii più vicino alle stelle, mi sembrava quasi d’avere qualche comunanza con loro, mi pareva che c’intendessimo fra noi. E lassù l’ho potuto.
Asta
(contemplandolo con orgoglio).
E ora non lavorerai mai più al tuo libro: Sulle Responsabilità umane?
Allmers.
No, mai più, Asta. L’ho già detto, non posso dividermi tra due compiti. Ma intendo dire che compirò la mia responsabilità umana nella vita.
Rita
(con un sorriso).
Credi proprio di potere mantener questi eroici propositi qui in casa?
[34]
Allmers
(prendendole la mano).
Col tuo aiuto, lo posso, (stende la mano) E anche col tuo, Asta.
Rita
(ritirando la mano).
Con noi due, dunque? Ti puoi dunque dividere?
Allmers.
Ma, cara Rita!... (Rita si allontana da lui e si mette sulla porta del giardino).
(Si picchia alla porta di destra. È l’ingegnere Borgheim: entra rapidamente. È un giovane di circa 30 anni, dal portamento franco e dall’aspetto robusto e lieto).
Borgheim.
Buon giorno, buon giorno, signora mia! (scorge Allmers e si ferma piacevolmente sorpreso) Cosa vedo! Di ritorno, signor Allmers?
Allmers
(stringendogli la mano).
Già, son arrivato stanotte.
Rita.
Oh! Non gli avrei concesso una maggiore vacanza, signor Borgheim.
Allmers.
Ma no, Rita.
[35]
Rita (avvicinandosi).
Ma sì, certo. Il suo permesso era scaduto.
Borgheim.
Vedi, vedi; così tiene a freno suo marito, signora?
Rita.
Tengo ai miei diritti e tutto deve ben aver un fine.
Borgheim.
Oh, oh, non tutto, spero. Buon dì, signorina Allmers!
Asta (freddamente).
Buon giorno.
Rita
(guardando Borgheim).
Non tutto, dice lei?
Borgheim.
Per conto mio, son persuaso che nel mondo c’è qualcosa che non finisce mai.
Rita.
Intende certo parlare delle affezioni e sopratutto dell’amore?
Borgheim (con calore).
Penso a tutto ciò che è buono e bello!
Rita.
E che non finisce mai! Bene, pensiamoci pure. Speriamo in ciò, tutti insieme.
Allmers
(andando verso di lui).
Ha finito la costruzione delle nostre strade?
[36]
Borgheim.
Sì, ieri è stato l’ultimo giorno. C’è voluto abbastanza tempo. Ma, Dio sia ringraziato, le abbiamo finalmente compite.
Rita.
E per questo è così lieto?
Borgheim.
Certo!
Rita.
Ebbene, questa sua letizia non è lusinghiera per noi.
Borgheim.
Cosa intende dire, signora?
Rita.
Via: non avremo più il piacere di vederla, perchè non capiterà più tanto spesso da queste parti.
Borgheim.
Ha ragione, a questo non ci avevo pensato.
Rita.
Via, di tanto in tanto verrà bene a farci una visita.
Borgheim.
No, pur troppo mi sarà impossibile per lungo tempo, lo temo.
Allmers.
Davvero! e perchè?
Borgheim.
Ho assunto un nuovo, grande lavoro, a cui devo subito metter mano.
[37]
Allmers.
Ma bravo! (stringendogli la mano) Ne ho proprio piacere.
Rita.
Tante felicitazioni, tante felicitazioni, signor Borgheim!
Borgheim.
Basta, basta, in realtà non dovrei ancora parlarne, ma ce l’avevo lì nel gozzo! Si tratta della costruzione di una strada difficile, lassù al nord. Si devono valicare diversi monti, ci son ostacoli incredibili da superare! (eccitato) Ah! il mondo è pur bello, e che fortuna essere ingegnere per poter compiere simili lavori.
Rita
(lo considera con un sorriso scherzoso).
È soltanto a causa del lavoro che oggi ci capita qui fuori di sè dalla gioia?
Borgheim.
Non soltanto per questo. Penso a tutte le belle e chiare prospettive che mi si schiudono.
Rita (come sopra).
Ah, ah, forse c’è qualcosa di meglio!
Borgheim
(guardando Asta alla sfuggita).
Chi lo sa! Quando la felicità viene, viene come un alito di primavera. (volgendosi ad Asta) Signorina Allmers, vuole che facciamo una passeggiatina, noi due? Così, come usavamo prima?
[38]
Asta (presto).
Grazie. Non adesso. Oggi no.
Borgheim.
Eh via, venga! Una semplice passeggiatina! Mi pare d’aver tante cose da dirle prima d’andarmene.
Rita.
Si tratta forse di qualcosa di cui non può parlare davanti a gente?
Borgheim.
Hem, secondo.
Rita.
Ebbene, può parlare anche sotto voce. (a mezza voce) Asta, va dunque.
Asta.
Ma, cara Rita....
Borgheim
(con accento di preghiera).
Signorina Asta, pensi che è forse l’ultima nostra passeggiata per molto, molto tempo.
Asta
(prendendo il cappellino e l’ombrellino).
Ebbene, facciamo un giretto in giardino.
Borgheim.
Oh, come le son grato!
Allmers.
E fa anche un po’ attenzione a Eyolf, Asta.
Borgheim.
Ah, Eyolf, lo avevo quasi dimenticato! Ma dov’è egli oggi? Gli ho portato qualcosa.
[39]
Allmers.
Giuoca in giardino.
Borgheim.
Proprio! Adesso ha cominciato a giuocare? Prima sgobbava sempre sui libri in camera sua.
Allmers.
Tempi passati. Voglio che divenga un vero uccello di bosco.
Borgheim.
Così va bene! Anche lui deve andare all’aperto, nella bella natura, il poverino! Dio mio, cosa si può fare di meglio al mondo che giuocare?! A me tutta la vita fa l’effetto di un bel giuoco! Vuole che andiamo, signorina Asta? (Borgheim e Asta vanno in giardino, passando dalla veranda).
Allmers (osservandoli).
Rita, credi che ci sia qualcosa tra loro?
Rita.
Non so cosa dire. Prima lo credevo. Ma negli ultimi tempi, Asta m’è divenuta così enigmatica, così incomprensibile....
Allmers.
Adesso, durante la mia assenza?
[40]
Rita.
Nelle ultime settimane mi ha fatto quest’impressione.
Allmers.
E tu credi che non s’interessi più di lui quanto prima?
Rita.
Francamente, no; non che abbia cessato di stimarlo e di avergli dei riguardi, no, questo non lo credo. (con sguardo scrutatore) Ti contrarierebbe?
Allmers.
Spiacermi, precisamente no. Ma me ne impensierirei.
Rita.
Perchè?
Allmers.
Devi ben considerare che io sono responsabile dell’avvenire di Asta e della sua felicità.
Rita.
Ma che responsabilità! Asta non è mica più una bambina! Mi pare che saprà ben scegliere da sè.
Allmers.
Per lo meno, speriamolo, Rita.
Rita.
Per conto mio, Borgheim sarebbe tutt’altro che un cattivo partito.
Allmers.
Ma, cara Rita! Nemmeno per me, anzi, il contrario. Quantunque....
[41]
Rita (continuando).
E sarei proprio contenta che si spossassero.
Allmers.
Tanto contenta?
Rita
(sempre più eccitata).
Si, perchè allora essa dovrebbe andar via con lui. E perchè allora non verrebbe più qui da noi, come adesso.
Allmers
(guardandola malcontento).
Come? vorresti sbarazzarti di lei?
Rita.
Sì, Alfredo, sì!
Allmers.
Ma perchè?
Rita
(passandogli le braccia appassionatamente al collo).
Perchè allora ti avrei finalmente tutto per me! Ma, no, neppure allora, no! non tutto per me! (irrompe in pianto convulso) Ah, Alfredo, Alfredo, non posso stare senza di te!
Allmers
(svincolandosi dolcemente).
Ma, cara Rita, sii ragionevole!
Rita.
Ah, cosa m’importa se son ragionevole o no! M’importa soltanto di te! Di te solo in tutto il mondo! (gettandogli di nuovo le braccia al collo) Di te! di te! di te!
[42]
Allmers.
Ma lasciami, un po’, mi soffochi!
Rita (lasciandolo).
Magari lo potessi! (lo guarda con occhi risplendenti) Oh se tu sapessi soltanto come ti ho odiato!
Allmers.
Mi hai odiato?
Rita.
Sì, quando sedevi là nella tua camera e ti lambiccavi il cervello sul tuo lavoro, tardi, molto tardi nella notte. (con rammarico) Così a lungo, così tardi. Oh come odiavo il tuo lavoro!
Allmers.
Ma adesso è passato.
Rita
(ridendo ironicamente).
Già, proprio così! Adesso sei tutto preoccupato di qualcosa di peggio.
Allmers (sdegnato).
Di peggio? Così chiami nostro figlio?
Rita (impetuosa).
Sì, io sì. Nei rapporti tra di noi, lo chiamo così. Poichè il figlio, questo figlio è per giunta un essere vivo. (con crescente passione) Non lo tollero, notalo bene!
Allmers
(la guarda con fermezza e dice sommesso).
Qualche volta ho paura di te, Rita.
[43]
Rita (cupa).
Spesso io stessa ho paura di me. E appunto per questo non devi risvegliare ciò che c’è di cattivo nell’anima mia.
Allmers.
Ma per carità. Lo faccio io forse?
Rita.
Sì, lo fai, quando strappi ciò che c’è di sacro tra noi.
Allmers (persuasivo).
Ma rifletti un po’, Rita, è pure tuo figlio, si tratta del nostro unico figlio.
Rita.
Il figlio è solo a metà mio. (di nuovo con passione) Ma tu devi essere soltanto mio. Soltanto e tutto mio! Questo lo posso esigere da te, ne ho il diritto!
Allmers.
Ah, cara Rita, esigere, non giova mai. Bisogna dare tutto spontaneamente.
Rita
(guardandolo piena d’aspettazione).
E questo forse tu non lo puoi più!
Allmers.
No, non lo posso. Bisogna che mi divida tra Eyolf e te.
Rita.
Ma se Eyolf non fosse mai nato?
Allmers.
Allora certo sarebbe un’altra cosa. Allora avrei te sola.
[44]
Rita
(piano, con voce tremante).
Allora, vorrei non averlo mai messo al mondo!
Allmers (irrompendo).
Rita, non sai quel che ti dici!
Rita
(tremando dalla agitazione).
L’ho messo al mondo con dolori inauditi. Ma sopportai tutto con gioia, con esultanza, per amor tuo.
Allmers (con calore).
Certo, certo, lo so benissimo.
Rita (risoluta).
Ma questo deve bastare. Voglio godere la vita. Con te. Sempre con te. Non posso ridurmi ad essere soltanto la madre di Eyolf, solo questo, niente altro che questo. Non lo voglio, ti dico! Non lo posso! Per te voglio esser tutto! Per te, Alfredo!
Allmers.
Ma se lo sei già, Rita. Lo sei e appunto per nostro figlio....
Rita.
Ah, tiepide, insipide scuse. Niente altro. Noi sai? questo non fa al caso per me. Darti un figlio, questo l’ho potuto. Ma annientarmi nella maternità di questo figlio, no, ciò non lo so fare. Bisogna che tu mi prenda come sono, Alfredo.
Allmers.
Ma tu volevi pur tanto bene ad Eyolf.
[45]
Rita.
Mi faceva tanta compassione. Perchè tu lo trascuravi. Doveva sempre studiare. Ti accorgevi appena di lui.
Allmers
(accennando del capo lentamente).
Sicuro; ero cieco. Il tempo non era ancora venuto.
Rita (guardandolo).
E adesso è venuto?
Allmers.
Sì, finalmente. Adesso m’accorgo che non ho più altro compito al mondo che d’essere veramente un padre per Eyolf.
Rita.
Ed io?... cosa vuoi essere per me?
Allmers.
T’amerò sempre con profondo sentimento (vuole prenderle la memo).
Rita (ritirandola).
Parole, parole, il tuo profondo sentimento. Ti voglio tutto, per intero! E tutto per me! Così come t’avevo nei primi tempi, meravigliosi, inebbrianti. (impetuosa e dura) Mai e poi mai, tollererò che a me tu non dia che gli avanzi del tuo amore, Alfredo!
Allmers (con dolcezza).
Mi sembra però che qui ci sarebbe abbastanza felicità per noi tre, e tanta!
Rita (ironica).
Oh, ti accontenti di poco... (si siede al tavolino di sinistra). E adesso ascoltami.
[46]
Allmers (avvicinandosi).
Parla? Cosa?
Rita
(guardandolo con occhi languidi di sotto in su).
Iersera, quando ricevei il tuo telegramma....
Allmers.
Ebbene?
Rita.
Mi sono vestita tutta di bianco.
Allmers.
Sì, t’ho vista.
Rita.
M’ero sciolto i capelli.
Allmers.
I tuoi ricchi capelli profumati.
Rita.
Che mi cadevano sul collo e sulle spalle.
Allmers.
L’ho visto, l’ho visto. Ah, come eri bella, Rita!
Rita.
Sopra le lampade c’erano ventole color rosa. Ed eravamo soli, noi due. Fuori di noi due, nessuno vegliava in tutta la casa. E sulla tavola c’era lo champagne.
Allmers.
Io non ne ho bevuto.
Rita
(guardandolo con amarezza).
No, in questo hai ragione. (ride in modo stridulo)
[47]
“Lo champagne era mesciuto, ma tu non l’hai bevuto„
come dice la canzone!
(S’alza dalla poltrona e come se fosse stanca va al sofà, e ci si sdraia a metà).
Allmers
(passeggia su e giù per la stanza e poi si ferma innanzi a lei).
Avevo la mente così piena di gravi pensieri! M’ero proposto di parlare con te della nostra vita futura, Rita! E anzitutto di Eyolf.
Rita (sorridendo).
E ne hai parlato, mio buon Alfredo.
Allmers.
No, non lo potei, perchè tu cominciasti a svestirti.
Rita.
Precisamente, e nel frattempo tu parlavi d’Eyolf. Non te ne ricordi più? Mi domandasti come stava Eyolf di stomaco.
Allmers
(guardandola in aria di gravissimo rimprovero).
Rita!
Rita.
E poi andasti a letto, e dormisti come un ghiro.
Allmers
(scotendo la testa).
Rita, Rita!
Rita
(si sdraia tutta sul sofà e lo guarda di sotto in su).
Alfredo!
[48]
Allmers.
E così?
Rita.
“Lo champagne era mesciuto, ma tu non l’hai bevuto„
Allmers (quasi brutale).
No. Non l’ho bevuto. (S’allontana da lei e si mette sulla soglia della veranda. Rita giace un tratto cogli occhi chiusi, immobile).
Rita
(rialzandosi di scatto).
Ma ti voglio dire una cosa, Alfredo!
Allmers (voltandosi).
Cosa?
Rita.
Non dovresti esser tanto sicuro del fatto tuo!
Allmers.
Sicuro? Come mai?
Rita.
No, non dovresti darti così poco pensiero! Non essere così sicuro di tenermi in pugno.
Allmers (avvicinandosi).
Cosa intendi dire con ciò?
Rita
(con labbra tremanti).
Non ti sono mai stata infedele, Alfredo, nemmeno col pensiero. Neppure un secondo.
Allmers.
Non hai bisogno di dirmelo tanto sul serio, Rita; ti conosco benissimo.
[49]
Rita.
(con occhi fiammeggianti).
Ma se mi sprezzi....
Allmers.
Sprezzare! Non capisco dove tu voglia arrivare!
Rita.
Oh, tu non capisci di cosa sarei capace, se....
Allmers.
Se?...
Rita.
Se dovessi mai accorgermi, che non t’importa più nulla di me. Che non m’ami più come prima.
Allmers.
Via, mia buona Rita, non consideri l’evoluzione dell’uomo con gli anni? Bisogna bene che una volta o l’altra l’evoluzione si manifesti anche nei nostri rapporti. Per noi, come per tutti gli altri.
Rita.
Per conto mio, mai! E anche da parte tua, non voglio saperne di evoluzione. Non lo sopporterei, Alfredo. Voglio conservarti tutto per me.
Allmers
(guardandola, preoccupato).
Hai un temperamento terribilmente geloso....
Rita.
Non posso mica rifarmi. (minacciosa) Se mi privi di te per altri....
Allmers.
Cosa, allora?
[50]
Rita.
Allora mi vendico su di te, Alfredo!
Allmers.
E come?
Rita.
Il come non lo so. Oh sì, lo so troppo bene.
Allmers.
E così?
Rita.
Me ne vado e mi butto via.
Allmers.
Ti butti via, dici?
Rita.
Appunto, lo faccio. Mi butto tra le braccia del primo capitato.
Allmers
(la contempla teneramente e scuote la testa).
Non ne sarai mai capace tu, la mia Rita, onesta, fedele, orgogliosa.
Rita
(buttandogli le braccia al collo).
Oh, tu non sai di che cosa sarei capace se tu... se tu non mi volessi più.
Allmers.
Se io non ti volessi più, Rita? Ma come puoi dire simili cose?!
Rita
(svincolandosi, con un lieve sorriso).
Potrei ben cogliere nelle mie reti lui, l’ingegnere che vien sempre qui.
[51]
Allmers (sollevato).
Sia ringraziato Iddio, tu scherzi
Rita.
Nemmeno per sogno. Perchè non lui, come qualunque altro?
Allmers.
No, quello, d’altronde, è già preso.
Rita.
Tanto meglio! Così lo porto via ad un’altra. È proprio quello che Eyolf ha fatto con me.
Allmers.
Il nostro piccolo Eyolf!
Rita
(minacciandolo coll’indice).
Vedi! Vedi bene! Appena tu nomini Eyolf, il cuore ti s’intenerisce e la tua voce vibra! (stringendo le mani, minacciosa) Oh, sarei quasi tentata di desiderare! No, basta di ciò.
Allmers
(guardando angosciosamente).
Cosa desidereresti, Rita!
Rita
(impetuosa, allontanandosi da lui).
No, no. Questo non te lo dico! Mai!
Allmers (avvicinandosele).
Rita! Te ne supplico. Per amor tuo e mio. Non ti lasciar trascinare a malvagi pensieri.
[52]
(Borgheim e Asta risalgono dal giardino. Entrambi sono internamente commossi, ma dominano la loro commozione. Hanno l’aspetto grave e serio. Asta si ferma sulla veranda. Borgheim entra nella stanza).
Borgheim.
Così, adesso io e la signorina Asta abbiamo fatta l’ultima nostra passeggiata insieme.
Rita
(guardandolo perplesso).
Ah! e alla passeggiata non succederà nessun viaggio?
Borgheim.
Sicuro, per quanto mi riguarda.
Rita.
Lei solo?
Borgheim.
Sì, io solo.
Rita
(getta ad Allmers un cupo sguardo).
Lo senti, Alfredo? (a Borgheim) Scommettiamo che la jettatura le ha fatto uno dei suoi tiri?
Borgheim.
La jettatura?
Rita.
Appunto, la jettatura.
[53]
Borgheim.
Crede alla jettatura, signora Allmers?
Rita.
Sì, adesso ho cominciato a crederci. Specialmente a quella dei cattivi occhi dei bambini.
Allmers
(piano, sdegnato).
Rita, ma come puoi!
Rita (piano).
È colpa tua, Alfredo, se divengo cattiva e maligna (dalla spiaggia vengono grida confuse).
Borgheim
(va alla porta vetrata).
Che rumore è questo?
Asta
(sulla soglia della porta).
Vedete un po’ tutta quella gente che corre allo sbarcatoio.
Allmers.
Cosa sarà mai?! (guardando un istante fuori). Certo, qualche nuova mariuoleria di quei ragazzacci.
Borgheim
(andando sulla veranda e sporgendosi dalla balaustrata).
Ohe, voialtri ragazzi laggiù! Cosa è successo? (si odono diverse voci rispondere confusamente).
Rita.
Cosa dicono?
Borgheim.
Dicono che è affogato un ragazzo!
[54]
Allmers.
Un bambino affogato!
Borgheim.
Un bambino piccolo, dicono.
Allmers.
Ah, quelli sanno tutti nuotare.
Rita
(con un grido d’angoscia).
Dov’è Eyolf?
Allmers.
Calma, calma. Eyolf giuoca senza fallo in giardino.
Asta.
No, in giardino non c’era.
Rita
(alzando le braccia al cielo).
Purchè non sia lui!
Borgheim
(ascolta e grida al basso).
Dite un po’, il bambino di chi?
(Si odono voci indistinte. Borgheim e Asta gettano un grido represso e scendono a corsa nel giardino).
Allmers
(nel massimo turbamento).
No, non è Eyolf! Non può essere Eyolf, Rita!
Rita
(ascoltando dalla veranda).
Zitto, zitto! Bisogna che senta cosa dicono!
(Rita rientra correndo in iscena con un grido straziante).
[55]
Allmers (seguendola).
Cosa dicono?
Rita
(accasciandosi nella poltrona di sinistra).
Han detto: Là galleggia la gruccia!
Allmers (quasi paralizzato).
No! no! no!
Rita
(con voce rauca).
Eyolf! Eyolf! Ah, bisogna che lo salvino!
Allmers
(quasi pazzo dal dolore).
Impossibile! Una vita così preziosa! Una vita così preziosa! (scende di corsa nel giardino).
[56]
Una stretta valle vicino alla spiaggia. A sinistra vecchi e grandi alberi. Nel fondo, scende dal colle un ruscello che si perde tra le pietre sull’orlo del bosco. Un sentiero segue le sinuosità del ruscello salendo. A destra alcuni alberi isolati tra cui si travede il fjord. Sul davanti, l’angolo di un capannone da battelli con un battello tirato in secco. Sotto gli scarsi alberi una tavola e alcune sedie, rusticamente fatte di legno di betulla. Il cielo è annuvolato, il tempo piovoso.
(Allmers, con lo stesso vestito dell’atto precedente è seduto presso il tavolino, con la testa appoggiata tra le mani. Ha posato il cappello davanti a sè. Immobile ed astratto, ha lo sguardo perduto nella direzione del fjord. Dopo una pausa, Asta con l’ombrello aperto, discende il sentiero).
Asta.
(avvicinandoglisi silenziosa e cautamente).
Con questo cattivo tempo, non ti dovresti seder lì, Alfredo.
Allmers
(scuote lentamente la testa senza rispondere).
Asta (chiude l’ombrello).
Ho girato tanto per cercarti.
[57]
Alfredo (indifferente).
Grazie!
Asta
(avvicina una sedia e si siede vicino a lui).
È molto che sei qui giù?
Allmers
(prima non risponde, poi a un tratto dice).
No, non lo posso concepire. Mi pare proprio impossibile, tutto impossibile!
Asta
(posandogli la mano sul braccio con interessamento).
Povero Alfredo!
Allmers
(guardandola fissamente).
Ma è dunque proprio vero, Asta? Oppure son impazzito? O sogno soltanto? Ah, magari fosse un sogno! Immaginati un po’, che felicità, se adesso mi svegliassi!
Asta.
Ah, volesse il cielo che ti potessi svegliare io!
Allmers
(guardando l’acqua).
Che aria spietata ha oggi il fjord. Eccolo là, così pesante ed indolente. Grigio di piombo, con striscie di luce gialla, e riflette le nuvole.
Asta (supplichevole).
Ah, Alfredo, non restare qui seduto a fissar l’acqua a quel modo!
[58]
Allmers
(senza fare attenzione a lei).
Alla superficie è così. Ma al fondo, là corre la forte corrente sottomarina.
Asta (angosciosamente).
Ah, per amor di Dio non avere di questi pensieri!
Allmers
(guardandola con dolcezza).
Credi forse che giaccia qui vicino? Ma sai, Asta, non lo devi credere. Pensa soltanto come è impetuoso il fiume qui. Fino al mare aperto, laggiù.
Asta
(si copre la faccia colle mani e si appoggia singhiozzando sulla tavola).
Oh Dio, oh Dio!
Allmers (con cordoglio).
E così il piccolo Eyolf è adesso tanto lontano, tanto lontano da noialtri.
Asta
(con sguardo supplichevole).
Ah, Alfredo non dire così!
Allmers.
Lo puoi calcolare anche da te. In 28 o 29 ore. Aspetta un po’, aspetta un po’!
Asta
(turandosi le orecchie).
Alfredo!
Allmers
(premendo le mani sulla tavola).
Ma capisci tu il senso di tutto ciò?
[59]
Asta (guardandola).
Di cosa?
Allmers.
Della sventura toccata a me e a Rita?
Asta.
Il senso di questo?
Allmers (impaziente).
Il senso, già. Perchè un senso deve ben averlo. La vita, l’esistenza, il destino, tutto ciò non può essere completamente privo di senso.
Asta.
Ah, caro Alfredo, cosa si può dire di sicuro, di certo, su ciò?
Allmers
(ridendo amaramente).
No, no; può darsi che tu abbia ragione. Forse va tutto a caso. Tutto è abbandonato a sè stesso, come il rottame di una nave senza timone, alla deriva. Anche questo è possibile. Almeno pare così.
Asta (con significato).
Ma, e se paresse soltanto così?
Allmers (impetuoso).
Davvero? Puoi forse spiegarmi la cosa? (più calmo) Io non me la so spiegare. Il nostro Eyolf sta per cominciare la vita cosciente dello spirito. Racchiude in sè incalcolabili possibilità. Doviziose possibilità, forse. Deve divenire la mia gioia, il mio orgoglio. E poi basta che capiti qui una femminuccia, vecchia, pazza, e mostri un canino in una borsetta.
[60]
Asta.
Ma non sappiamo come sia veramente avvenuto...
Allmers.
Certo che lo sappiamo. I ragazzi l’han ben vista remare verso il fjord. Videro che Eyolf stava solo all’estremità del pontile d’imbarco. Videro come la seguiva fissamente con lo sguardo, e come fu colto per così dire da una vertigine (tremando). E allora, allora, cadde e sparì.
Asta.
Può darsi, tuttavia....
Allmers.
È lei che lo ha attratto al fondo. Credimilo.
Asta.
Ma, Alfredo mio, perchè lo avrebbe fatto?
Allmers.
Già, vedi, appunto di questo si tratta! Cosa l’obbligava a farlo? Qui non c’era nulla da far scontare. Nulla da espiare, intendo dire. Eyolf non le ha mai fatto nulla di male. Non le ha mai gridato dietro. Non ha mai tirato sassi al suo cane. Sino a ieri, non aveva nemmeno mai veduto nè lei nè il suo cane. Dunque niente espiazione. Tutto senza il minimo fondamento. Non ci si può trovare il minimo senso, Asta. E ciò non ostante l’ordine universale lo vuole.
Asta.
Hai parlato con Rita di ciò?
Allmers (scuote il capo).
Mi pare che con te mi riesce più facile parlare di queste cose. (Sospirando) E anche di tutte le altre.
[61]
Asta
(prende da un cestino da lavoro del filo e un ago e un involtino di carta. Allmers sta a guardare distrattamente).
Allmers.
Cos’hai lì, Asta?
Asta
(prendendo il cappello di lui).
Un po’ di crespo nero.
Allmers.
A che pro?
Asta.
Rita mi ha pregato di farlo; permetti?
Allmers.
Uh, per me!
Asta
(cucisce il crespo al cappello).
Allmers (guardandola).
Dov’è Rita?
Asta.
Passeggia in giardino, credo. Borgheim è con lei.
Allmers (un po’ sorpreso).
Come, Borgheim è qui anche oggi?
Asta.
Già, è venuto col treno di mezzogiorno.
Allmers.
Non l’avrei creduto.
Asta (cucendo).
Voleva tanto bene a Eyolf.
[62]
Allmers.
Borgheim è un cuor d’oro, Asta.
Asta
(con calore, ma tranquilla).
Lo è davvero, ma non c’è dubbio!
Allmers (guardandola).
In fondo in fondo gli vuoi bene?
Asta.
Certo.
Allmers.
Eppure non ti sai decidere.
Asta (interrompendolo).
Ah, caro Alfredo, non me ne parlare.
Allmers.
Dimmi solo, perchè no.
Asta.
Via, no! Te ne prego caldamente, non interrogarmi su questo argomento. Mi è tanto penoso, sai. (deponendo il cappello) Ecco fatto.
Allmers.
Grazie.
Asta.
Ci sarebbe ancora il braccio sinistro.
Allmers.
Ci vuole anche lì il crespo?
Asta.
Certo che ci vuole.
[63]
Allmers.
Ebbene, come vuoi!
Asta
(gli si avvicina e comincia a cucire).
Bisogna che tu tenga il braccio fermo se no ti pungo.
Allmers
(con un lieve sorriso).
Proprio come una volta!
Asta.
Sì, non è vero?
Allmers.
Quando tu eri ancora piccina, sedevi sempre così e mettevi in ordine la mia roba.
Asta.
Il meglio che potevo.
Allmers.
La prima cosa che cucisti per me, fu pure un crespo nero.
Asta.
Proprio?
Allmers.
Attorno al mio berretto da studente. Quando morì il babbo.
Asta.
Oh vedi! non me ne ricordo nemmeno.
Allmers.
Naturalmente, eri ancora tanto piccina allora.
[64]
Asta.
Già, piccina lo ero!
Allmers.
E poi, due anni dopo, quando perdemmo tua madre, allora mi cucisti anche un gran crespo alla manica.
Asta.
Credevo che andasse fatto così.
Allmers
(accarezzandole la mano).
Certo che andava fatto così, Asta, e poi quando ci trovammo soli al mondo, noi due.... Hai già finito!
Asta.
Sì. (Ripone il crespo avanzato, il filo e l’ago). Era pure il gran bel tempo, Alfredo, quando noi due eravamo soli.
Allmers.
Certo, per quanto vivessimo nelle strettezze e fra le privazioni
Asta.
Tu ne sopportavi di privazioni.
Allmers (con vivacità).
E anche tu ti affaticavi, a modo tuo.... (sorridendo) Tu, povero, fido Eyolf, come ti chiamavo.
Asta.
Via, sta zitto. Non mi rammentare quelle sciocchezze.
Allmers.
Ma se tu fossi stata un maschio avresti dovuto pur chiamarti Eyolf.
[65]
Asta.
Già, se.... Ma quando tu andasti all’università (ride involontariamente) mi pare impossibile che tu avessi ancora di tali idee puerili!
Allmers.
Puerili! Lo erano poi davvero?
Asta.
Mi par di sì, ora che ci ripenso. Dire che ti vergognavi seriamente, di non avere un fratello, ma soltanto una sorella!
Allmers.
Oh, no, eri tu che ti vergognavi.
Asta.
Ebbene, sì, forse un po’ anch’io. Ma invero me ne dispiaceva per te.
Allmers.
Lo credo. E allora vestivi i miei vestiti da uomo.
Asta.
Già, il bel vestito delle domeniche. Ti rammenti ancora della blusa celeste co’ calzoni sino al ginocchio?
Allmers
(posando lo sguardo su di lei).
Ti vedo ancora così chiaramente innanzi a me, qual’eri allora.
Asta.
Ma questo lo facevo soltanto quando eravamo soli in casa.
[66]
Allmers.
E che importanza, che serietà ci davamo, te lo ricordi? E io ti chiamava sempre Eyolf.
Asta.
Alfredo, è sperabile che tu non abbia raccontato a Rita queste follie?
Allmers.
Sì, mi pare, gliel’ho raccontate una volta.
Asta.
Come hai potuto?...
Allmers.
Già, vedi! Alla moglie si racconta tutto, o quasi tutto.
Asta.
Può darsi che debba esser così.
Allmers
(come risvegliandosi, porta la mano alla fronte e s’alza di scatto).
Ah, ecco che sto a sedere e....
Asta
(alzandosi e guardandolo allarmata).
Cos’hai?
Allmers.
M’era uscito quasi di mente. M’era uscito proprio di mente....
Asta.
Eyolf?
Allmers.
Sì, stavo qui seduto e rivivea nel passato. E lui non c’era.
[67]
Asta.
Ma sì, Alfredo, il piccolo Eyolf era pure in fondo a tutto ciò.
Allmers.
No, in verità, mi s’era cancellato dalla mente, dai pensieri. Mentre sedevamo qui e ragionavamo, non l’ho avuto un momento davanti a me. L’avevo completamente dimenticato, tutto questo tempo.
Asta.
Ma bisogna pure dare un po’ di tregua al dolore!
Allmers.
No, no, non lo devo a nessun costo! Non lo posso. Non ne ho mica il diritto. E non ne avrei mai il cuore. (Passeggia agitato verso destra) Il mio posto è là fuori, dove adesso è travolto al fondo!
Asta (fermandolo).
Alfredo, Alfredo! Non avvicinarti all’acqua!
Allmers.
Bisogna che vada là fuori, da lui! Lasciami andare, Asta! Voglio il battello.
Asta (raccapricciando).
Non avvicinarti all’acqua, ti dico!
Allmers (arrendevole).
No, no, non vado mica. Lasciami soltanto!
Asta
(conducendolo al tavolino).
Devi dare un po’ di tregua a questi pensieri, Alfredo. Vieni qui, siediti.
[68]
Allmers
(vuole sedersi sulla panca).
Ma sì, come vuoi.
Asta.
No, là non ti ci devi sedere.
Allmers
Ah, lasciami stare!
Asta.
No, non lo fare! Guarderesti ancora sempre là, verso.... (Lo costringe con dolce violenza a sedersi su di una sedia la cui spalliera è rivolta verso destra).
Asta.
Così, lì ti devi sedere (si siede sulla panca). E ora discorriamo un altro po’.
Allmers.
Quanto fa bene poter dimenticare un momento il dolore e il lutto.
Asta.
Bisogna bene, Alfredo!
Allmers.
Ma non mi trovi terribilmente apatico ed indolente.... solo pel fatto che ciò mi sia possibile?
Asta.
Oh, no. Non è mica possibile aggirarsi sempre attorno agli stessi pensieri.
Allmers.
A me, almeno, non è possibile. Prima che tu venissi qui, mi contorcevo così penosamente sotto questo schiacciante e pungente dolore.
[69]
Asta.
E poi?
Allmers.
Me lo puoi credere, Asta?
Asta.
Ebbene?
Allmers.
Proprio mentre sedevo sprofondato nel mio dolore, mi sorpresi che pensavo a cosa potessimo mai avere oggi a desinare.
Asta.
Purchè ti ci trovassi sollievo, allora....
Allmers.
Sì, sai, è stato qualcosa come un momento di riposo. (Le porge la mano attraverso la tavola) Che fortuna aver te, Asta. Ne sono così contento. Contento ad onta del mio dolore.
Asta
(guardandolo con serietà).
Dovresti anzitutto esser contento d’aver Rita.
Allmers.
Ah, questo si capisce.... Ma Rita non è del mio sangue. Non è lo stesso che aver una sorella.
Asta (fissandolo).
Lo credi veramente, Alfredo?
Allmers.
Sicuro, la nostra famiglia è qualcosa a sè. (quasi in ischerzo) I nostri nomi cominciano sempre con vocali aperte. Ti rammenti ancora quanto spesso se ne parlava [70] prima? E i nostri parenti, tutti egualmente poveri. E noi tutti abbiamo gli stessi occhi.
Asta.
Lo trovi? anch’io....
Allmers.
No, tu tieni tutto da tua madre. Non somigli affatto a noialtri. Nemmeno al babbo. Eppure....
Asta.
Eppure, cosa?
Allmers.
Eppure, io credo che la vita in comune abbia conferita a noi due un’impronta comune. Ognuno di noi due si è formato conformemente all’altro. Intendo dire, intellettualmente.
Asta (commossa).
Ah, questo non lo devi dire, Alfredo. Tu solo mi hai conferita la tua impronta. E a te io devo tutto, tutto ciò che ho di buono al mondo!
Allmers (scuote la testa).
Tu non mi devi nulla, Asta. Al contrario.
Asta.
Ti devo tutto! Lo sai ben anche tu. Nessun sacrificio ti è stato troppo grave.
Allmers (interrompendola).
Ma che sacrifici! Non pronunciar neppure questa parola. Ti ho voluto semplicemente bene, Asta, sin da piccina (dopo una breve pausa) e inoltre mi pareva che avessi tanti torti da riparare.
[71]
Asta (meravigliata).
Torti! Tu?
Allmers.
Non precisamente per conto mio. Ma....
Asta (ansiosa).
Ma?
Allmers.
Per il babbo.
Asta
(alzandosi di scatto dalla panca).
Per il babbo. (Rimettendosi a sedere) Cosa intendi dire, Alfredo?
Allmers.
Il babbo non è mai stato proprio buono con te.
Asta (vivacemente).
Ah, non dir così!
Allmers.
Eppure, è vero; non ti voleva bene. Non tanto quanto avrebbe dovuto.
Asta (evasivamente).
No, forse non tanto, quanto a te. Ma questo era naturalissimo.
Allmers (continuando).
E anche verso tua madre era talvolta duro. Per lo meno negli ultimi anni.
Asta (piano).
La mamma era di tanti, tanti anni più giovane di lui. Non devi dimenticarlo.
[72]
Allmers.
Credi tu, che non andassero d’accordo?
Asta.
Forse, no.
Allmers.
Ebbene, sia pure, il babbo, che era generalmente così tenero e così affettuoso, così amichevole con tutti....
Asta (piano).
Anche la mamma non era forse sempre come avrebbe dovuto essere.
Allmers.
Tua madre!
Asta.
Forse non sempre!
Allmers.
Col babbo, vuoi dire?
Asta.
Sì.
Allmers.
Io però non me ne son mai accorto.
Asta
(si alza, soffocando le lagrime).
Ah, caro Alfredo, lasciamo in pace i morti. (Va verso destra).
Allmers (alzandosi).
Sì, sì, lasciamoli in pace. (si contorce le mani) Ma loro non ci lasciano in pace, Asta. Nè il giorno nè la notte.
[73]
Asta
(guardandolo con affetto).
Col tempo sentirai tutto ciò meno duramente, Alfredo.
Allmers
(guardandola perplesso).
Già, non lo credi anche tu? Ma come supererò questi primi, terribili giorni? (con voce rauca). Questo non lo so.
Asta
(mettendogli le mani sulle spalle, supplicante).
Va su da Rita. Te ne prego.
Allmers
(sbarazzandosi impetuosamente).
No, no, non parlarmi di ciò! Non lo posso, vedi. (più tranquillo) Lasciami stare qui con te.
Asta.
Sì, non ti lascio.
Allmers
(prendendole la mano e tenendola forte).
Grazie (guardando un tratto l’acqua lontana). Dov’è il mio piccolo Eyolf, adesso? (le sorride con tristezza). Me lo puoi dir tu, mio grande, mio bravo Eyolf? (scuote la testa) In tutto il mondo, nessuno me lo può dire. Io so soltanto questo, terribile, che non l’ho più.
Asta
(guardando in su verso sinistra e ritirando la mano).
Vengono! (Rita e Borgheim vengono discendendo dal sentiero, ella avanti, egli dietro, è vestita di scuro, con un velo nero in capo, Borgheim ha sotto il braccio un ombrello).
[74]
Allmers (andandole incontro).
Come va Rita?
Rita (passandogli accanto).
Ah, non domandarmelo nemmeno!
Allmers.
Cosa vieni a fare qui?
Rita.
Soltanto per veder dove eri. E tu che fai?
Allmers.
Niente. Asta è scesa qui da me.
Rita.
Ma prima che Asta scendesse? Non ti ho visto in tutta la mattinata.
Allmers.
Sono stato seduto qui a guardar l’acqua.
Rita.
Oh, come lo puoi!
Allmers.
Adesso preferisco di star solo. (impaziente).
Rita (passeggiando agitata).
Sempre allo stesso posto!
Allmers.
Non ho proprio nulla da fare.
[75]
Rita.
Io non trovo pace in nessun luogo; meno di tutto qui, con l’acqua sempre dinanzi agli occhi.
Allmers.
Ed è quella vista che mi piace.
Rita (a Borgheim).
Non trova anche lei, che adesso farebbe meglio a venir su con noi?
Borgheim (a Allmers).
Credo che farebbe meglio.
Allmers.
No, no, lasciatemi stare dove sono.
Rita.
Allora resto anch’io, Alfredo!
Allmers.
Come ti piace!
Asta
(sotto voce a Borgheim).
Lasciamoli soli!
Borgheim.
Signorina Allmers, facciamo due passi lungo la spiaggia, proprio per l’ultima volta?
Asta (prendendo l’ombrello).
Sì, vengo, andiamo! (Asta e Borgheim si allontanano in direzione del capannone dei battelli. Allmers gira un momento indolentemente per la scena, poi si siede su di un sasso sotto gli alberi a sinistra, sul davanti).
[76]
Rita
(gli si avvicina e resta in piedi innanzi a lui con le mani incrociate).
Puoi concepire il pensiero, Alfredo, che abbiamo perduto Eyolf?
Allmers
(guardando mestamente innanzi a sè).
Bisogna bene che ci abituiamo a questo pensiero.
Rita.
Io non lo posso. Io non lo posso. E poi il raccapricciante spettacolo che mi resterà innanzi agli occhi sinchè vivo!
Allmers
(sollevando lo sguardo).
Che spettacolo? Cos’hai visto?
Rita.
Io stessa non ho visto niente. L’ho soltanto sentito raccontare. Oh!
Allmers.
Che cosa? Che cosa? Dimmi tutto.
Rita.
Scendevo con Borgheim allo sbarcatoio.
Allmers.
A cosa fare?
[77]
Rita.
A domandare ai ragazzi come era successo!
Allmers.
Ma se lo sappiamo già!
Rita.
Abbiamo appreso di più e ben altro.
Allmers.
Cosa?
Rita.
Non è vero che sparisse ad un tratto.
Allmers.
No? E allora che cosa dicono?
Rita.
Dicono di averlo veduto disteso al fondo. Giù, in fondo all’acqua chiara.
Allmers (digrignando).
E non l’han salvato!
Rita.
Forse non l’han potuto!
Allmers.
Sapevano nuotare tutti quanti. Dissero come giaceva quando lo videro?
Rita.
Sì. Dicono che giaceva supino. E con gli occhi aperti, spalancati.
Allmers.
Cogli occhi aperti Ma tranquillo, non è vero?
[78]
Rita.
Proprio tranquillo. E poi sopraggiunse un’onda che l’avrebbe travolto via, dissero, una corrente improvvisa.
Allmers.
Han visto questo.... e poi niente altro.... non l’han visto più?...
Rita
(soffocata dalle lagrime).
Non l’han più visto....
Allmers (con voce cupa).
E nessuno lo vedrà più, mai più!
Rita.
Giorno e notte lo vedrò sempre innanzi a me, com’era steso là giù!
Allmers.
Con gli occhi aperti, spalancati.
Rita (raccapricciando).
Sì, con gli occhi aperti, spalancati. Li vedo! Me li vedo davanti!
Allmers
(si alza lentamente e la guarda minacciosamente in silenzio).
Eran gli occhi cattivi, Rita?
Rita (impallidendo).
Gli occhi cattivi!
Allmers (avvicinandosele).
Sì, eran gli occhi cattivi che fissavano dal fondo in su. Che fissavano in su dal profondo!
[79]
Rita (indietreggiando).
Alfredo!
Allmers (seguendola).
Rispondimi! Erano gli occhi cattivi di bambino?
Rita.
Alfredo! Alfredo!
Allmers.
Quello che tu desideravi adesso si è avverato, Rita.
Rita.
Io! Cos’avrei desiderato io!
Allmers.
Che Eyolf non fosse qui....
Rita.
Questo non l’ho desiderato, mai e poi mai! Che Eyolf non s’intromettesse tra noi due, ecco quello che desideravo.
Allmers.
Sia pure, adesso non fa più nemmeno questo.
Rita
(piano, fissando gli sguardi nel vuoto).
Adesso forse più che mai. (Raccapricciando) Oh, quell’orribile spettacolo!
Allmers.
Ah.... gli occhi cattivi....
Rita
(indietreggiando inorridita).
Lasciami in pace, Alfredo! Ho paura di te! Così non ti ho mai visto.
[80]
Allmers
(guardandola freddamente e duramente).
Il dolore fa cattivi e maligni.
Rita
(con terrore e aria di sfida al tempo stesso).
Questo lo sento anch’io. (Allmers va a destra e contempla l’acqua in lontananza. Rita si mette a sedere presso il tavolino. Breve pausa).
Allmers
(voltando la faccia verso di lei).
Tu non gli hai mai voluto sinceramente bene. Mai!
Rita (fredda).
Eyolf non ha mai voluto abbandonarmisi completamente.
Allmers.
Perchè non lo volevi.
Rita.
Altro! Lo volevo di tutto cuore. Ma qualcuno s’intromise tra noi. Subito, dal principio.
Allmers
(voltandosi completamente).
Io, non è vero?
Rita.
Oh, no. Non al principio.
Allmers (avvicinandosi).
Chi allora?
Rita.
Sua zia.
[81]
Allmers.
Asta?
Rita.
Precisamente; Asta mi sbarrò la strada.
Allmers.
Lo credi proprio, Rita?
Rita.
Certo, Asta. Lei lo tenne lontano da me tutto il tempo, dopo lo sciagurato accidente.
Allmers.
Se lo fece, lo fece per amore.
Rita (impetuosamente).
Quest’è appunto il male! Io non m’adatto a dividere con altri.... specialmente l’amore!
Allmers.
Noi due avremmo dovuto amarlo insieme.
Rita
(guardandolo ironicamente).
Noi? Ah, in fondo non gli hai mai voluto propriamente bene.
Allmers.
Io non gli avrei voluto bene! (guardandola stupito).
Rita.
No. Da principio eri tutto pieno di quel tuo libro “Sulle responsabilità umane„.
Allmers.
Certo. Ma appunto il libro, sai, il libro lo sacrificai a Eyolf per amore.
[82]
Rita.
Non per amore di lui.
Allmers.
E perchè, allora, di’?
Rita.
Perchè ti consumavi nella sfiducia di te stesso. Perchè cominciavi a dubitare di essere chiamato ad un gran còmpito.
Allmers (inquisitivo).
Ti sei accorta di ciò?
Rita.
Oh, sì, poco a poco. E allora abbisognavi di qualche altra cosa che ti occupasse esclusivamente. In tutti i modi non ti bastava più!
Allmers.
Questa è la legge delle evoluzioni, Rita.
Rita.
E perciò volevi fare del piccolo Eyolf un fanciullo miracolo.
Allmers.
No. Volevo far di lui un uomo felice. Questo solo volevo.
Rita.
Ma non per amore di lui. Entra dunque in te stesso. E indaga tutto ciò che giace e si cela là dentro.
Allmers.
Così fosse! noi due non abbiamo mai posseduto il nostro proprio figlio.
[83]
Rita.
No, non tutto. L’amore non c’entrava che a metà. Non lo possedemmo, mai, Alfredo. Non io. E tu nemmeno.
Allmers
(contorcendosi le mani).
E ora è troppo tardi! Troppo tardi!
Rita.
E tutto così sconfortante! niente che ci possa sollevare!
Allmers
(irrompendo violentemente).
La colpa è tua!
Rita (alzandosi).
Mia!
Allmers.
Sì, tua! Per tua colpa egli divenne così.... Per tua colpa non potè salvarsi!
Rita.
Alfredo, non mi dire così!
Allmers
(sempre fuori di sè).
Sì, sì, lo posso! Sei tu che abbandonasti a sè stesso, il povero piccino, sulla tavola donde cadde!
Rita.
Riposava così tranquillo sui cuscini! E dormiva profondamente. E tu avevi promesso di fare attenzione al bambino.
[84]
Allmers.
È vero. (Abbassando la voce) Ma poi venisti tu, tu, tu, e mi ammaliasti.... mi hai attirato a te....
Rita
(guardandolo in aria di sfida).
Ah, confessa piuttosto che dimenticasti il bambino e tutto.
Allmers
(con collera repressa).
Ebbene, sì. Dimenticai il bambino tra le tue braccia!
Rita (sdegnata).
Alfredo! Alfredo! Questo è rivoltante da parte tua!
Allmers
(stringendo i pugni contro di lei).
In quella stessa ora tu condannasti il piccolo Eyolf a morte.
Rita (fuori di sè).
Anche tu, anche tu, se quel che tu dici è vero.
Allmers.
E sia. Anch’io colpevole, se vuoi. Tutti e due abbiamo peccato. E perciò la morte di Eyolf è stata un’espiazione.
Rita.
Espiazione?
Allmers.
La tua e la mia sentenza. Adesso ne paghiamo il fio, nel pusillanime e pauroso pentimento. Lo sfuggivamo quando era vivo. Non potevamo sopportare la vista di quell’arnese su cui si trascinava.
[85]
Rita (piano).
La gruccia?
Allmers.
Già, proprio. E quello che adesso noi chiamiamo continuamente dolore e lutto, quello non è che il rimorso, Rita. Niente altro.
Rita.
Ah! tu sei crudele.
Allmers (in tono più dolce).
Ho sognato stanotte di Eyolf. Mi pareva che salisse su dallo sbarcatoio. Correva come gli altri ragazzi. Non gli era dunque successo nulla. La schiacciante verità era dunque soltanto un sogno, pensavo tra me e me. E chi sa che là dove si trova non sia così? (osservandola acutamente) Senti, Rita, se tu potessi seguire Eyolf dove si trova adesso?
Rita.
Ebbene? Cosa?
Allmers.
Se tu sapessi con sicurezza che lo ritroveresti colà, che lo riconosceresti, che lo comprenderesti....
Rita.
Ebbene, cosa allora?
Allmers.
Faresti volontariamente il gran passaggio per andar da lui? Abbandoneresti volontariamente tutto quello che hai qui? Rinuncieresti a tutta l’esistenza terrestre? Faresti tu ciò, Rita?
Rita.
Adesso, subito?
[86]
Allmers.
Già: oggi stesso. Al momento. Rispondimi. Lo faresti?
Rita (esitando).
Ah, non lo so, Alfredo, no; credo che resterei ancora con te.
Allmers.
Per amor mio?
Rita.
Sì, soltanto per amor tuo.
Allmers.
Ma se io andassi da Eyolf? E tu sapessi con assoluta sicurezza di ritrovare là tanto lui quanto me. Verresti allora a raggiungerci?
Rita.
Lo vorrei bene. Ah, così volentieri! Così volentieri! Però....
Allmers.
Però?
Rita.
No.... Non lo potrei. No, no, non lo potrei! No, per tutti gli splendori del cielo!
Allmers.
Io nemmeno.
Rita.
Non è vero, Alfredo? Non lo potresti nemmeno tu!
Allmers.
No, perchè la patria di noi esseri viventi è questa terra.
[87]
Rita.
Qui si trova la felicità come noi la intendiamo.
Allmers (cupo).
La felicità, la felicità, ah!
Rita.
Tu intendi dire, eh, che la felicità noi non la troveremo mai più (lo guarda con aria interrogativa). Ma dato il caso... (impetuosa) No, no, non mi sento il coraggio di dirlo! Nemmeno di pensarlo.
Allmers.
Su, dillo, dillo, Rita.
Rita (esitando).
Non potremmo tentare? Non è immaginabile che potessimo dimenticare?
Allmers.
Dimenticare Eyolf!
Rita.
Intendo dire, dimenticare il rammarico, l’amarezza.
Allmers.
Potresti tu desiderarlo?
Rita.
Sì, se fosse possibile. (eccitata) Giacchè questo stato, alla lunga, io non lo sopporto! Ah! non potremmo trovare qualcosa che ci facesse dimenticare!
Allmers (scuotendo la testa).
Ma cosa potrebbe mai?
Rita.
Non potremmo provare ad andare lontano lontano?
[88]
Allmers.
Lontano da casa nostra? Ma in nessun altro luogo ti trovi così bene come appunto qui.
Rita.
Se ricevessimo molta gente da noi? Se tenessimo casa su d’un gran piede? Sprofondarci in qualcosa che ci portasse sollievo, che ci stordisse!
Allmers.
Un’esistenza tale non è di mio gusto. No, piuttosto provo a rimettermi al mio lavoro.
Rita (aspra).
Al tuo lavoro che è stato così spesso come un muro di separazione tra noi.
Allmers
(lentamente, fissandola cupamente).
D’ora innanzi tra noi due ci deve esser sempre un muro di separazione.
Rita.
Ma perchè mai?
Allmers.
Chi sa che i grandi occhi spalancati di bambino non ci fissino impietriti giorno e notte.
Rita (raccapricciando).
Alfredo! è un pensiero terribile!
Allmers.
Il nostro amore è stato come un fuoco devastatore. Adesso bisogna spegnerlo.
[89]
Rita
(andando risolutamente verso di lui).
Spegnerlo!
Allmers.
In uno di noi due è spento.
Rita.
E osi dirlo a me!
Allmers (più mite).
È morto, Rita. Ma da ciò che la complicità e il pentimento mi fan provare verso di te, scaturisce come un presentimento di risurrezione....
Rita (impetuosa).
Ma è la morte di quell’amore, che io non tollero!
Allmers.
Rita!
Rita.
Io sono una creatura umana dal sangue ardente. Non vivo nel torpore, non ho il sangue gelido dei pesci nelle vene (contorcendosi le mani). Ed eccomi qui rinchiusa vita natural durante tra il pentimento e l’angoscia! Rinchiusa con uno che non è più mio, mio, mio!
Allmers.
Doveva ben finir così, Rita.
Rita.
Doveva finire così! E dire che quando ci siamo incontrati ci ha unito tanta bramosia d’amore!
Allmers.
Certo non fu così da parte mia.
[90]
Rita.
No? Cosa sentisti dunque, nel primo momento per me?
Allmers.
Terrore.
Rita.
E come potei avvincerti ad onta di ciò?
Allmers.
Eri così inebbriante, bella, Rita.
Rita.
Fu dunque soltanto questo? Di’, Alfredo! Soltanto questo?
Alfredo (con uno sforzo).
No, c’era qualche altra cosa.
Rita (eccitata).
Indovino! Furono “i monti d’oro„, come li chiami tu. Non è vero, Alfredo?
Allmers.
Sì.
Rita
(guardandolo con aria di severo rimprovero).
Come potesti, come potesti per l’oro....
Allmers.
Dovevo pensar anche ad Asta.
Rita (impetuosa).
Asta, non c’è dubbio! (amaramente) In fondo è dunque Asta che ci ha riuniti!
[91]
Allmers.
Lei non ne sapeva niente. Non lo sospetta nemmeno oggi.
Rita.
Ma fu dunque Asta! (lo guarda sorridendo biecamente) O meglio fu il piccolo Eyolf. Il piccolo Eyolf, ti ricordi?
Allmers.
Eyolf?
Rita.
Già, non la chiamavi prima Eyolf? Mi pare, me lo raccontasti una volta, in un’ora d’espansione. (avvicinandosi) Te ne ricordi ancora di quell’ora meravigliosa, Alfredo?
Allmers
(indietreggiando come con raccapriccio).
Non mi ricordo di niente! Non voglio ricordarmi di niente!
Rita (andandogli dietro).
Era la stessa ora in cui quell’altro tuo piccolo Eyolf si storpiò!
Allmers
(s’appoggia alla tavola, cupo).
L’espiazione!
Rita (minacciosa).
Appunto, l’espiazione! (Asta e Borgheim appaiono dietro al capannone dei battelli. Asta ha un giglio d’acqua in mano).
[92]
Rita (dominandosi).
Ebbene, Asta, vi siete proprio parlati a cuore aperto tu e il signor Borgheim?
Asta.
Oh, quasi (poggia l’ombrello da una parte e i fiori su d’una sedia).
Borgheim.
Durante tutta la passeggiata, la signorina Allmers, è stata molto parca di parole.
Rita.
Proprio? Ebbene io e Alfredo ci siamo almeno detto tutto, più che a sufficenza....
Asta
(guardandoli con ansietà).
Cosa c’è stato?
Rita.
A sufficenza.... per tutta la vita, ti dico. (cambiando discorso) Adesso andiamo di sopra tutti e quattro.... Bisogna veder gente attorno a noi. Soli, io ed Alfredo non sappiamo dove dare del capo.
Allmers.
Sì, andate pure avanti voialtri. (voltandosi) A te, Asta, ho da dir ancora due parole.
[93]
Rita (guardandolo).
Così!... Bene.... bene.... m’accompagni, signor Borgheim (Rita e Borgheim risalgono il sentiero).
Asta (con angoscia).
Che cosa succede, Alfredo?
Allmers (cupo).
Succede.... che qui io non resisto più.
Asta.
Qui, con Rita, vuoi dire?
Allmers.
Sì. Rita ed io, non possiamo più vivere insieme.
Asta.
Ah, Alfredo, non dir queste terribili cose!
Allmers.
È proprio così come ti dico. Ci facciamo soltanto l’un verso l’altro cattivi e maligni.
Asta.
Ah, non avrei mai sospettata una cosa simile!
Allmers.
Nemmeno io. Ne ho avuto la piena persuasione soltanto oggi.
[94]
Asta.
E adesso tu vuoi? ma cosa vuoi dunque, Alfredo!
Allmers.
Me ne voglio andare lontano. Molto lontano da tutto ciò che è qui.
Asta.
E d’ora innanzi esser proprio solo al mondo?
Allmers (annuisce).
Sì, come prima.
Asta.
Ma tu non sei fatto per star solo!
Allmers.
Oh, sì. Almeno prima lo era.
Asta.
Allora stavo io con te.
Allmers.
(cercando di prenderle la mano).
Certo, e adesso voglio tornare da te, Asta.
Asta (schivandolo).
Da me! No, no, Alfredo. Quest’è assolutamente impossibile.
Allmers
(guardandola rattristato).
Borgheim è dunque sulla mia via?
Asta (vivacemente).
No, no; questo no!... ti sbagli!
[95]
Allmers.
Bene. Allora torno da te, da te, cara, dolce sorella. Bisogna che torni da te. Da te per purificarmi a nobilitarmi dopo la connivenza con....
Asta (sdegnata).
Alfredo, sei ingiusto, cattivo con Rita!
Allmers.
Fui cattivo, colpevole con lei.... Ma non ora. Ah, ragiona un po’, Asta. Ripensa al tempo in cui stavamo insieme, io e tu. Non fu come un unico glorioso giorno di festa, dal principio alla fine?
Asta.
Certo, lo fu. Ma esso non può rivivere.
Allmers (amaramente).
Vuoi forse dire che il matrimonio mi abbia così irreparabilmente guastato?
Asta.
No, non intendo dir questo.
Allmers.
Bene, allora ricominciamo noi due la nostra vita d’allora.
Asta (risoluta).
Non lo possiamo, Alfredo.
Allmers.
Ma, sì.... lo possiamo. Poichè l’amore fraterno....
Asta.
L’amore fraterno?
[96]
Allmers.
È l’unico affetto che non è sottoposto alla legge delle evoluzioni.
Asta
(con raccapriccio, dice piano).
Ma se questo affetto non....
Allmers.
Cosa, non?...
Asta.
Non potesse sussistere tra noi?
Allmers
(guardandola attonito, fisso).
Non sussistere tra noi? Cos’intendi dire mai?
Asta.
È meglio che te lo dica subito, Alfredo.
Allmers.
Certo, parla.
Asta.
Le lettere alla mamma, quelle che son nella cartella.
Allmers.
Ebbene?
Asta.
Bisogna che tu le legga, quando me ne sarò andata.
Allmers.
Perchè?
Asta
(lottando con sè stessa).
Perchè da loro apprenderai che....
[97]
Allmers.
Cosa?
Asta.
Che io non ho il diritto di portare il nome di tuo padre.
Allmers (vacillando).
Asta! Cosa dici mai!
Asta.
Leggi le lettere. Allora lo saprai. E capirai, e perdonerai forse alla mamma.
Allmers
(stringendosi la fronte).
Questo non so pensarlo. Non riesco ad abituarmi al pensiero. Tu, Asta, tu, dunque, non saresti....
Asta.
Tu non sei mio fratello, Alfredo.
Allmers
(rapidamente, guardandola, quasi con aria di sfida).
E sia pure; ma in che cosa modifica questo i nostri rapporti? In fondo in fondo, proprio nulla.
Asta (scuotendo il capo).
Modifica tutto, Alfredo! I nostri rapporti non son quelli di fratello a sorella.
Allmers.
Può darsi. Ma ciò non ostante sono egualmente sacri. E resteranno sempre sacri.
Asta.
Non dimenticare che adesso son soggetti alla legge dello evoluzioni, di cui parlasti testè.
[98]
Allmers
(guardandola acutamente).
Intendi dire con questo che?
Asta.
Non una parola di più, caro Alfredo, (prende i fiori dalla sedia) Vedi questi gigli?
Allmers.
Son di quelli che tendono verso l’alto, dal fondo in su.
Asta.
Li ho raccolti al laghetto del bosco. Là, dove sbocca nel fjord. (gli porge i fiori) Li vuoi, Alfredo?
Allmers (prendendoli).
Grazie!
Asta
(con gli occhi pieni di lagrime).
Ti portano in certo qual modo un ultimo saluto del piccolo Eyolf.
Allmers (guardandola).
Dell’Eyolf di là, o di te?
Asta (adagio).
Di tutti e due. (riprende l’ombrello) Adesso va su da Rita (risale il sentiero).
Allmers
(prende dalla tavola il proprio cappello e mormora mestamente).
Asta, Eyolf, piccolo Eyolf! (la segue).
[99]
Una collinetta con cespugli nel giardino d’Allmers. In fondo il parapetto di un ripido precipizio a cui si discende da un sentiero a sinistra. Vasta veduta sul fjord sottostante. Sul parapetto un’asta di bandiera, ma senza bandiera. Sul davanti, a destra, un pergolato coperto di piante rampicanti. Davanti al pergolato una panca. È una sera d’estate; l’oscurità aumenta sempre più.
Asta
(seduta sulla panca, con paltoncino, cappello in testa, ombrello e una borsa da viaggio a tracolla).
Borgheim
(entra dalla sinistra, in fondo, anche lui con una borsa da viaggio a tracolla; una bandiera avvoltolata sotto il braccio).
Borgheim (scorgendo Asta).
Ah! Lei quassù?
Asta.
Contemplo il panorama per l’ultima volta.
[100]
Borgheim.
Ho avuto ragione di venirla a cercare fin qui.
Asta.
A cercare....
Borgheim.
Sicuro. Volevo dirle addio.... per oggi. Spero non sarà per l’ultima volta.
Asta
(con un debole sorriso).
È davvero molto costante.
Borgheim.
Un costruttore che, come me, deve aprir sempre nuove strade, bisogna ben che lo sia.
Asta.
Ha visto Alfredo e Rita?
Borgheim.
Li ho veduti tutti e due.
Asta.
Insieme?
Borgheim.
No.
Asta.
Cosa vuol fare con quella bandiera?
Borgheim.
La signora Rita me l’ha data perchè l’inalberi.
Asta.
Adesso?
[101]
Borgheim.
A mezz’asta. Dice che deve sventolare giorno e notte.
Asta (sospirando).
Povera Rita, povero Alfredo!
Borgheim
(occupato a legare la bandiera).
Avrà il cuore di lasciarli? Vedo che è in assetto da viaggio, e perciò mi premetto la domanda.
Asta (piano).
Lo devo.
Borgheim.
Ah, se lo deve, allora....
Asta.
E anche lei parte stanotte?
Borgheim.
Lo devo anch’io. Parto colla ferrovia. Lei pure?
Asta.
No, col battello.
Borgheim
(guardandola alla sfuggita).
Dunque, ognuno per la propria strada?
Asta.
Sì. (Lo guarda mentre egli alza la bandiera a mezz’asta. Appena ha finito si avvicina nuovamente a lui).
Borgheim.
Signorina Asta, non si può immaginare quanto mi dispiaccia del povero Eyolf.
[102]
Asta.
Ne son persuasa.
Borgheim.
Ed è un sentimento così penoso. Poichè la tristezza, non è, in fondo, affar mio.
Asta
(sollevando lo sguardo alla bandiera).
Col tempo tutto passa.... passa ogni dolore.
Borgheim.
Ogni dolore? Lo crede lei?
Asta.
Come temporale d’estate. Appena lei sarà lontano, allora....
Borgheim.
Bisognerà che io sia molto lontano!
Asta.
E poi lei ama già la sua grande, nuova impresa.
Borgheim.
Ma non ho nessuno, che mi aiuti.
Asta.
Ma certo che lo ha.
Borgheim (scuotendo la testa).
Nessuno, nessuno da poter mettere a parte della mia gioia. Poichè in realtà si tratta soltanto della gioia.
Asta.
Non della fatica e degli strapazzi?
[103]
Borgheim.
Puh! per questo basta uno solo.
Asta.
Ma la gioia, quella bisogna dividerla con qualcuno, vuol dir questo?
Borgheim.
Già, altrimenti che piacere ci sarebbe a esser felici?
Asta.
Può darsi che abbia ragione.
Borgheim.
Vivere e esser felici, soli non lo si può, naturalmente, che per un certo tempo. Ma alla lunga non soddisfa. No, se si vuol essere veramente lieti bisogna esser in due.
Asta.
Sempre in due? Non in più? Mai in molti?
Borgheim.
Ah, vede, signorina Asta, quell’è appunto tutt’altra cosa; non può, dunque, veramente decidersi a dividere la gioia e la felicità, le fatiche e gli strapazzi con uno solo?
Asta.
L’ho già provato una volta.
Borgheim.
Lei!
Asta.
Quando io e mio fratello.... quando io e Alfredo stavamo insieme.
[104]
Borgheim.
Ah, con suo fratello. Ma quella è tutt’altra cosa. Una simile esistenza si può chiamare piuttosto contenta che felice.
Asta.
Era però meravigliosa!
Borgheim.
Vede, la trova già meravigliosa. Ma cosa sarebbe stato, se non fosse stato col fratello?
Asta
(fa l’atto di alzarsi, ma resta seduta).
In quel caso non avremmo mai mai vissuto insieme. Perchè allora ero ancora una vera bambina. E anche lui era quasi un ragazzo.
Borgheim (dopo una breve pausa).
Era quel tempo veramente così bello?
Asta.
Sì, me lo creda, Borgheim.
Borgheim.
Ma le capitò allora qualcosa di veramente bello e felice?
Asta.
Ah, tanto. Tanto da non credere.
Borgheim.
Mi racconti qualcosa, signorina Asta.
Asta.
Che! Erano soltanto inezie.
[105]
Borgheim.
Per esempio?
Asta.
Per esempio, quando Alfredo prese la laurea e superò così bene l’esame.... E quando poi vinceva un concorso, o quando lavorava a qualche monografia, e me la leggeva.
Borgheim.
Doveva essere una vita bella e contenta. Fratelli che dividono ogni gioia tra loro. (scuote il capo) Solo non capisco come suo fratello la potesse lasciar andar via, Asta!
Asta
(dominando la commozione).
Ma se prese moglie.
Borgheim.
Non le riescì penoso, signorina?
Asta.
Certo, al principio. Era come se in quel momento io avessi completamente perduto Alfredo.
Borgheim.
Fortunatamente, questo non era il caso.
Asta.
No.
Borgheim.
Tuttavia che si decidesse a prender moglie.... quando poteva conservar lei, tutta per sè!
Asta (guardando innanzi a sè).
Subiva la legge della evoluzione, forse.
[106]
Borgheim.
La legge della evoluzione?
Asta.
Alfredo la chiama così.
Borgheim.
Bah, che assurda legge dev’essere! A questa legge, io non ci credo assolutamente.
Asta (alzandosi).
Chi sa che col tempo non debba crederci!
Borgheim.
Non lo farò mai, sinchè vivo! (insinuante) Ma adesso m’ascolti, signorina Asta! Andiamo, sia ragionevole, almeno questa volta. In questa faccenda, voglio dire.
Asta (troncando il discorso).
Ah, no, no, via, non riparliamone più!
Borgheim (come sopra).
Sì, Asta! Che io rinunci a lei così facilmente è impossibile. Adesso suo fratello ha avuto da lei tutto quello che umanamente poteva pretendere. Conduce un’esistenza più che tranquilla anche senza di lei. Non sentì neppure la sua mancanza. E poi il resto.... che cambia d’un colpo la sua posizione qui in casa, completamente.
Asta (raccapricciando).
Cosa intende dire con ciò?
Borgheim.
Il bambino, che adesso non c’è più. Che altro mai?
Asta (rimettendosi).
Il piccolo Eyolf non c’è più, certo.
[107]
Borgheim.
E così che cosa ha altro da far qui, lei? Non può più aver cura del povero piccino. Nessun dovere, nessun còmpito qui.
Asta.
La prego, caro signor Borgheim, non mi metta così alle strette!
Borgheim.
Certo. Bisognerebbe pur che fossi uno sciocco, se non ricorressi ai mezzi estremi. Fra alcuni giorni abbandono la città. Non l’incontrerò forse mai più. Forse non la rivedrò per molto, molto tempo. E chi sa cosa può succedere nel frattempo?
Asta (con un mite sorriso).
Non avrebbe forse anche lei paura della legge della evoluzione?
Borgheim.
No, niente affatto. (ride con amarezza) E qui non c’è nulla da trasformare; in lei, intendo dire. Perchè ella non fa caso di me, lo so bene.
Asta.
Ella sa benissimo, invece, che ne faccio.
Borgheim.
Sì, ma troppo poco. Non tanto quanto desidero io. (animandosi) Gran Dio, Asta, signorina Asta, quello che ella fa non potrebbe esser più assurdo! Da oggi e domani dipende forse tutta la nostra felicità e non ci chiniamo nemmeno per raccoglierla! Non ce ne dovremo pentire, Asta?
[108]
Asta (tranquilla).
Non lo so. Ad ogni modo non possiamo raccogliere tutte queste belle prospettive.
Borgheim (la guarda, contenendosi).
Dunque devo costruire le mie strade da solo?
Asta (con calore).
Ah, se potessi esserci anch’io! Alleggerirle la fatica. Dividere la gioia con lei.
Borgheim.
Lo vorrebbe, caso mai lo potesse?
Asta.
Sì. Allora lo vorrei.
Borgheim.
Ma non lo può?
Asta (abbassando gli occhi).
Si contenterebbe di possedermi a metà?
Borgheim.
No. La voglio tutta o niente.
Asta
(lo guarda in viso e dice tranquillamente:)
Allora non posso.
Borgheim.
Dunque, addio, signorina Asta (s’avvia. Contemporaneamente appare Allmers nel fondo, a sinistra. Borgheim si ferma).
[109]
Allmers
(ancora dal sentiero accenna al pergolato e domanda:)
Rita è nel pergolato?
Borgheim.
No; qui non c’è nessuno all’infuori della signorina Asta (Allmers s’avvicina).
Asta (andandogli incontro).
Devo scendere a cercarla? Dirle forse che venga qui?
Allmers.
No, no. Lascia pure. (a Borgheim) Ha inalberato la bandiera?
Borgheim.
Sì. La signora Rita me l’ha domandato per piacere; perciò son venuto qui.
Allmers.
E stanotte parte?
Borgheim.
Sicuro; stanotte parto per davvero.
Allmers
(con uno sguardo ad Asta).
E si è assicurata una buona compagnia di viaggio, me lo posso immaginare.
[110]
Borgheim (scuotendo la testa).
Parto solo.
Allmers (esitando).
Solo!
Borgheim.
Solo, solissimo.
Allmers (sorpreso).
Ah, così!
Borgheim.
E rimango anche solo.
Allmers.
C’è qualcosa di raccapricciante nella solitudine. Mi corron i brividi per le ossa.
Asta.
Ah, caro Alfredo, tu non sei mica solo!
Allmers.
Anche in questo c’è qualcosa di raccapricciante, Asta!
Asta (con ambascia).
Ah, non parlar così! Non pensar così!
Allmers (senza ascoltarla).
Ma se tu non parti con.... Se non sei legata a niente, perchè non vuoi, dunque, restar qui con me e Rita?
Asta (inquieta).
Questo non lo posso. Bisogna che torni assolutamente in città.
Allmers.
Mia soltanto in città, senti bene?
[111]
Asta.
Certo.
Allmers.
E allora mi prometti, che ritornerai presto?
Asta.
No, no, pel momento, questo non te lo posso promettere.
Allmers.
Bene. Come vuoi. Allora arrivederci in città.
Asta (con accento di preghiera).
Ma Alfredo, bisogna ben che adesso tu resti a casa, con Rita!
Allmers
(si volge a Borgheim senza risponderle).
È forse meglio per lei che non abbia ancora nessuna compagnia di viaggio.
Borgheim (di mal umore).
Ma come può dir cose simili!
Allmers.
Lei non può mica sapere con chi può imbattersi in seguito. Per viaggio....
Asta (con rimprovero).
Alfredo!
Allmers.
Forse nel giusto compagno di viaggio. E se è troppo tardi. Troppo tardi.
Asta (tremando, adagio).
Alfredo! Alfredo!
[112]
Borgheim
(guardandoli entrambi, vicendevolmente).
Cosa significa ciò? Non capisco. (Rita appare sul fondo a sinistra).
Rita.
Ah, perchè m’abbandonate tutti!
Asta (andandole incontro).
Preferivi pur esser sola, hai detto.
Rita.
Sì, ma non lo posso. La sera si fa così sinistramente oscura! Mi pare che nelle tenebre, due grandi occhi spalancati mi fissino!
Asta
(con interessamento, dolcemente).
E anche se fosse così, Rita? Di quegli occhi non dovresti aver nessuna paura.
Rita.
Già, tu hai un bel parlare! Non aver paura!
Allmers (insinuante).
Asta, te ne prego, per quanto hai di più caro al mondo, rimani qui, da Rita!
[113]
Rita.
Oh, sì! Ed anche da Alfredo! Fallo, via! Fallo, Asta!
Asta (lottando con sè stessa).
Ah, lo farei pur volentieri....
Rita.
Ebbene, ma fallo dunque! Giacchè Alfredo ed io, non possiamo sopportare la tristezza ed il dolore da soli.
Allmers (cupo).
Di’ piuttosto l’angoscia e l’amarezza.
Rita.
Chiamalo come ti pare, ad ogni modo noi due non lo possiamo sopportare da soli. Ah, Asta, te ne prego, ferventemente! Rimani qui ed assistici! Fa per noi la vece d’Eyolf!
Asta (indietreggiando).
D’Eyolf!
Rita.
Forse che non lo deve, Alfredo?
Allmers.
Se lo può e lo vuole.
Rita.
Prima la chiamavi pure il tuo piccolo Eyolf. (afferrandole la mano) D’ora innanzi devi essere il nostro Eyolf, Asta! Eyolf, come lo eri prima!
Allmers (contenendo la commozione).
Resta, e dividi la vita con noi, Asta. Con Rita, con me, e con tuo fratello!
[114]
Asta
(risolvendosi ad un tratto, libera la propria mano con uno strappo).
No, non posso. (voltandosi dall’altra parte) Signor Borgheim, quando parte il battello?
Borgheim.
Quanto prima.
Asta.
Allora bisogna che vada a bordo. Vuole accompagnarmi?
Borgheim (con gioia repressa).
Se lo voglio! Sì, sì, sì!
Asta.
Allora andiamo.
Rita.
Ah, così! Già, allora non puoi restare da noi.
Asta (gettandosele al collo).
Ti ringrazio per tutto il bene, Rita! (va da Allmers e gli prende la mano) Sii felice, mille, mille volte!
Allmers
(adagio, con la massima tensione).
Cosa vuol dir ciò, Asta? Ha tutta l’aria di una fuga.
Asta
(con apprensione contenuta).
Già, Alfredo, è una fuga.
Allmers.
Una fuga da me?
Asta (piano).
Una fuga da te, e da me medesima.
[115]
Allmers (indietreggiando).
Ah! (Asta corre verso il fondo e prende a discendere il sentiero. Borgheim agita il cappello e la segue. Rita s’appoggia allo stipite della porta del pergolato. Allmers in preda a profonda agitazione, va al parapetto, e vi si ferma guardando in basso, fissamente. Pausa).
Allmers
(si volta e dice con calma forzata:)
Ecco il vapore. Là, Rita.
Rita.
Non mi regge il cuore di guardare.
Allmers.
Non ti regge il cuore?
Rita.
No. Perchè ha un occhio rosso. E anche uno verde. Occhi grandi, ardenti.
Allmers.
Eh, via; sono soltanto i fanali, lo sai pure.
Rita.
D’ora innanzi son occhi... per me. Fissano, fissano sempre.... sempre dall’oscurità, nell’oscurità.
[116]
Allmers.
Adesso, il vapore approda.
Rita.
Ma dove approda stasera?
Allmers (avvicinandosi).
Ebbene, allo sbarcatoio, come al solito.
Rita (drizzandosi sulla persona).
Ma come può approdar colà!
Allmers.
Ma non può far altrimenti.
Rita.
E fu appunto là che Eyolf...! Com’è possibile che approdino là?
Allmers.
La vita è spietata, Rita.
Rita.
Gli uomini non han cuore. Non han riguardo di niente. Nè dei vivi nè dei morti.
Allmers.
In questo hai ragione. La vita! Essa continua sempre per la sua strada. Proprio come se non fosse successo nulla.
Rita (guardando innanzi a sè).
E non è proprio successo nulla.... agli altri, s’intende. Soltanto a noi.
Allmers (ripreso dal dolore).
Già, Rita, a cosa ha giovato che tu lo mettessi al [117] mondo con tanto dolore. Perchè adesso se n’è andato via.... di lui non resta traccia.
Rita.
Non riescirono che a ripescar la gruccia.
Allmers (impetuoso).
Ma sta zitta! Che non senta più quella parola!
Rita.
Ah, non posso sopportare il pensiero che non l’abbiamo più.
Allmers (freddo e con amarezza).
Ma potevi ben fare facilmente a meno di lui, quando l’avevi ancora. Per delle mezze giornate intere non lo guardavi nemmeno.
Rita.
No, perchè allora sapevo bene che potevo vederlo quanto volevo.
Allmers.
Già, e in questo modo abbiamo dissipato la breve convivenza col piccolo Eyolf.
Rita (ascoltando con angoscia).
Senti, Alfredo! La campana suona di nuovo!
Allmers.
È la campana di bordo. Il vapore sta per partire.
Rita.
Ah, non voglio parlar della campana. Mi ha risuonato negli orecchi tutta la giornata. Ecco che suona di nuovo.
Allmers (avvicinandosele).
Ti sbagli, Rita.
[118]
Rita.
No, lo sento benissimo. Pare che suoni a morte. Lento, lento, e sempre le stesse parole.
Allmers.
Parole! Che parole?
Rita (battendo il tempo).
“Là galleggia la gruc-cia, la gruc-cia„. Ma anche tu dovresti sentirlo.
Allmers (scuotendo la testa).
Non sento niente. È un’allucinazione.
Rita.
Ah, puoi dir quel che vuoi. Io lo sento benissimo.
Allmers (guardando dal parapetto).
Adesso son a bordo. Il vapore è già in moto verso la città.
Rita.
Ma come è possibile che tu non lo senta? “Là galleggia la gruc-cia, galleggia la....„
Allmers (avvicinandosele).
Ma non star lì ad ascoltar ciò che non esiste. Asta e Borgheim son a bordo, ti dico. Già in viaggio; Asta non c’è più.
Rita (guardandolo con ritrosia).
Adesso te ne anderai presto anche tu, Alfredo?
Allmers (presto).
Cosa intendi dir con ciò?
Rita.
Che tu seguirai tua sorella.
[119]
Allmers.
Asta ha forse detto qualcosa?
Rita.
No. Ma hai detto tu stesso che fu il pensiero di Asta che ci riunì.
Allmers.
Sì, ma tu, tu stessa, mi vincoli a te con la vita in comune.
Rita.
Ah, ai tuoi occhi io non son più, non più così meravigliosamente bella.
Allmers.
La legge della evoluzione potrebbe finir col tenerci insieme.
Rita (lentamente).
Certo, una evoluzione si compie adesso in me. È un sentimento così doloroso.
Allmers.
Doloroso?
Rita.
Sì, è come una specie di nascita.
Allmers.
Appunto ciò, oppure una risurrezione. Il passaggio ad un’esistenza più alta.
Rita
(guardando con esitanza innanzi a sè).
Già, ma così si perde la felicità, la felicità di tutta la vita.
[120]
Allmers.
In questo, la perdita è appunto il guadagno.
Rita (vivacemente).
Ah, parole! Gran Dio, alla fine non siamo altro che poveri abitanti di questo mondo.
Allmers.
Siamo anche un po’ imparentati col cielo e il mare, Rita!
Rita.
Forse tu. Io no.
Allmers.
Oh, sì. Tu ancor più che non t’immagini.
Rita (avvicinandosi di un passo).
Senti un po’ Alfredo, non sarebbe proprio possibile che tu ti rimetta al tuo lavoro?
Allmers.
Al lavoro che tu hai sempre detestato?
Rita.
Adesso son diventata più ragionevole. Per me son disposta a dividerti col libro.
Allmers.
Perchè?
Rita.
Soltanto per poterti conservare da me. Soltanto presso di me, voglio dire.
Allmers.
Ah, posso giovarti così poco, Rita.
[121]
Rita.
Forse, io posso aiutarti.
Allmers.
Nel lavoro, vuoi dire?
Rita.
No, a continuare la vita.
Allmers (scuotendo il capo).
Mi sembra di non aver più vita da continuare.
Rita.
Ebbene, per lo meno a sopportare la vita.
Allmers
(cupamente guardando al suolo).
Credo che sarebbe meglio per tutti e due se ci separassimo.
Rita
(guardando, scrutandolo dello sguardo).
Dove vorresti allora rifugiarti? Forse da Asta?
Allmers.
No. D’ora innanzi, mai più da Asta.
Rita.
Dove, dunque?
Allmers.
Nella solitudine, in alto.
Rita.
Tra i monti, vuoi dire?
Allmers.
Sì.
[122]
Rita.
Ma queste non son altro che fantasticherie, Alfredo! Lassù non potresti nemmeno vivere.
Allmers.
Eppure, bisogna che io salga!
Rita.
Perchè? dimmelo!
Allmers.
Siediti. Ti voglio raccontare una cosa.
Rita.
Qualcosa ch’è capitato a te?
Allmers.
Sì.
Rita.
E che tu hai taciuta ad Asta ed a me?
Allmers.
Sì.
Rita.
Ah, sei sempre così chiuso in te stesso! Non dovresti esser così.
Allmers.
Siediti che te la racconti.
Rita.
Sì, sì, ascolto (si mette a sedere sulla panca davanti al pergolato).
Allmers.
Ero solo, lassù, in mezzo alle più alte montagne. Mi trovai innanzi a un gran lago, desolato. E bisognava [123] che il lago, l’attraversassi. Ma non lo potevo. Non c’era nè un battello, nè anima viva.
Rita.
Bene. E poi?
Allmers.
Allora mi avventurai a caso in una valle laterale. Così, m’immaginavo di poter passare sulle alture, tra le cime, e poi ridiscendere dall’altra parte del lago.
Rita.
Ti perdesti senza dubbio, Alfredo!
Allmers.
Sì. Perchè non c’era nè una strada nè un sentiero. E allora camminai tutto il giorno, e anche tutta la notte. E alla fine credevo che non sarei arrivato mai più in luoghi abitati.
Rita.
Non più a casa da noi! Oh, ma son sicura che i tuoi pensieri erano tra noi.
Allmers.
No, non c’erano!
Rita.
No?
Allmers.
No. Era così strano. Mi pareva che vi foste tanto allontanati da me, tanto tu quanto Eyolf. E anche Asta.
Rita.
Ma a cosa pensavi allora?
[124]
Allmers.
Non pensavo a niente. Camminavo incessantemente e mi trascinavo avanti, lungo i precipizi, e godevo il sentimento della morte in tutta la sua serenità.
Rita (scattando in piedi).
Ah, non usare simili espressioni per una così orribile cosa!
Allmers.
Erano i miei sentimenti. Non la minima apprensione. Mi pareva che io e la morte procedessimo come due buoni camerati. Era così naturale; tutto, ma tutto, mi pareva allora così semplice. Nella mia famiglia non si suol divenir vecchi.
Rita.
Ah, non ne parlare, Alfredo! Perchè in conclusione scampasti sano e salvo.
Allmers.
Certo; ad un tratto oro arrivato dall’altra parte del lago.
Rita.
Quella fu per te una terribile notte, Alfredo. Adesso ch’è passata non lo vuoi confessare nemmeno a te medesimo.
Allmers.
Quella notte maturò il mio proposito. E perciò senz’altro me no tornai direttamente a casa, da Eyolf.
Rita.
Troppo tardi!
[125]
Allmers.
Appunto. E quando poi.... quando il.... compagno di viaggio venne, e lo prese con sè, allora ebbi raccapriccio di lui, di tutto, sopratutto di quello che non osiamo confessare. Siamo tutti e due tanto presi nelle pastoie della vita!
Rita (con un lampo di gioia).
Già, non è vero! Anche tu. (gli si avvicina) Ah, viviamo insieme il più a lungo possibile!
Allmers (alzando le spalle).
Vivere! E non aver niente che possa riempire la vita. Ovunque guardo, tutto è squallido e desolato.
Rita (angosciosa).
Ah, prima o poi, tu mi abbandoni, Alfredo! Lo sento! E te lo leggo anche in viso! Mi abbandoni.
Allmers.
Col compagno di viaggio.... credi....
Rita.
No.... credo qualcosa di peggio.... Mi abbandoni spontaneamente. Perchè qui, da me, credi di non aver nulla per cui tu possa vivere. Rispondi! Non è il tuo pensiero?
Allmers (guardandola fissamente).
E se lo pensassi? (Dall’interno si ode rumore e voci lontane, minacciose. Allmers s’avvicina al parapetto).
Rita.
Cosa sarà mai? (agitata) L’han ritrovato!
Allmers.
Lui non lo ritroverà mai nessuno.
[126]
Rita.
Ma cosa è dunque?
Allmers (riavvicinandosi).
Una semplice baruffa, al solito.
Rita.
Giù, alla spiaggia?
Allmers.
Sì, quest’intero villaggio dovrebbe andar distrutto. Or son tornati gli uomini a casa, ubbriachi come d’abitudine e picchiano i bambini. Senti come i bambini strillano! Le donne domandano aiuto.
Rita.
Mandiamo qualcuno giù ad aiutarle?
Allmers (duro ed imperioso).
Aiutare loro che non aiutarono il piccolo Eyolf! No, nemmeno se perissero tutti, come han lasciato perire Eyolf!
Rita.
Ah, non devi parlare così, Alfredo! Non devi aver questi pensieri!
Allmers.
Non posso pensare altrimenti. Bisognerebbe demolire tutte quelle vecchie baracche.
Rita.
E cosa avverrebbe di tutta quella povera gente?
Allmers.
Bisognerebbe ben che se n’andassero altrove.
Rita.
E i bambini?
[127]
Allmers.
Che importa, ove vadano a finire?
Rita (in aria di rimprovero).
Ti fai forza per mostrare tanta durezza, Alfredo!
Allmers (vivacemente).
D’ora innanzi ho il diritto d’esser crudele. Ed è anche il mio dovere!
Rita.
Il tuo dovere?
Allmers.
Il mio dovere verso Eyolf. Non deve restar invendicato. Senti quel che ti dico Rita! Bisognerebbe che tu spianassi al suolo tutte quelle case, quando io non ci sarò più.
Rita (fissandola con sguardo penetrante).
Quando non ci sarai più?
Allmers.
Allora avrai almeno qualche cosa con cui occupare la tua vita. Bisogna ben che tu l’abbia.
Rita (risoluta).
In questo hai ragione. Bisogna che l’abbia. Ma immaginati un po’ che cosa farò quando tu te ne sarai andato?
Allmers.
Ebbene, cosa?
Rita (lentamente e risoluta).
Appena tu m’avrai lasciata, scendo alla spiaggia e prendo qui in casa da me tutti quei poveri bambini abbandonati. Tutti quei bambini derelitti.
[128]
Allmers.
Che cosa vuoi farne?
Rita.
Voglio tenerli con me.
Allmers.
Tu!
Rita.
Sì, io. Dal giorno che m’avrai lasciata, saranno tutti qui, come se fossero miei figli.
Allmers.
Invece del piccolo Eyolf!
Rita.
Già, invece del piccolo Eyolf. Staranno nella stanza d’Eyolf. Leggeranno nei suoi libri. Giuocheranno con i suoi giuocattoli. Siederanno a turno sulla sua sedia a tavola.
Allmers.
Ma è una follia! In tutto l’ampio mondo, non conosco nessuno meno capace di te a questo còmpito.
Rita.
Allora, bisogna pure che mi ci educhi. Che mi ci avvezzi.
Allmers.
Se tu dici questo proprio sul serio, bisogna che una evoluzione si sia compita in te.
Rita.
E così è. È l’opera tua. Tu hai prodotto in me un vuoto. E bisogna ben che tenti di riempirlo con qualche cosa. Con qualche cosa, che arieggi in certo qual modo l’amore.
[129]
Allmers.
(resta un tratto sopra pensiero, poi la guarda).
In realtà, non abbiamo mica fatto molto per quella povera gente laggiù.
Rita.
Non abbiamo fatto niente.
Allmers.
Abbiamo appena pensato a loro.
Rita.
Mai pensato a loro con interesse.
Allmers.
Noi che avevamo “i monti d’oro„.
Rita.
Le nostre mani erano chiuse per essi. E i nostri cuori anche.
Allmers (annuendo col capo).
Allora non abbiamo forse nemmeno il diritto di lagnarci se non misero a repentaglio la vita per salvare il piccolo Eyolf.
Rita (adagio).
Pensaci bene, Alfredo. Sei proprio certo che noi stessi l’avremmo avventurata!
Allmers
(colpito, tentando di stornare il discorso).
Ma non dubitarne nemmeno, Rita!
Rita.
Oh, siamo anche noi esseri mortali, sai.
[130]
Allmers.
Cosa t’immagini in realtà di fare per tutti quei bambini perduti?
Rita.
Anzitutto bisognerà bene che tenti di addolcire, di nobilitare la loro sorte.
Allmers.
Se ti riescirà, allora il piccolo Eyolf non sarà nato inutilmente.
Rita.
E non ci sarà nemmeno stato ripreso inutilmente.
Allmers (guardandola).
Bisogna però che tu ti persuada di una cosa, Rita. Non è mica l’amore che ti spinge a tutto ciò?
Rita.
Certo, per lo meno, non ancora.
Allmers.
Ma allora, cos’è in realtà?
Rita (evasivamente).
Parlavi tanto spesso con Asta della responsabilità umana.
Allmers.
Pel libro, che tu detestavi.
Rita.
Il libro lo detesto ancora, ma ascoltavo sempre quando ne parlavi. E adesso voglio continuare io stessa la prova. A modo mio.
Allmers (scuotendo il capo).
Non è a causa del libro non finito.
[131]
Rita.
No, ho ancora un altro motivo.
Allmers.
E quale?
Rita
(adagio, con un lieve sorriso).
Voglio propiziarmi i grandi occhi sbarrati, sai.
Allmers
(colpito, guardandola con fermezza).
Non potrei esserci anch’io? E aiutarti, Rita?
Rita.
Lo desidereresti?
Allmers.
Sì, se sapessi soltanto, se potessi....
Rita (esitando).
Ma allora bisognerebbe ben che tu restassi qui.
Allmers (adagio).
Proviamo se la cosa ci riesce....
Rita.
Proviamo, Alfredo. (Entrambi restano un tratto in silenzio. Poi Alfredo va alla bandiera e l’issa sin in cima all’asta. Rita resta vicino al pergolato e lo osserva in silenzio).
Rita.
E allora vedrai che di tanto in tanto avremo anche noi i nostri giorni di letizia, di festa....
Allmers (internamente commosso).
Allora ci accorgeremo forse della presenza degli spiriti.
[132]
Rita (mormora).
Degli spiriti?
Allmers.
Sì, allora quelli che abbiamo perduto saran forse con noi.
Rita (annuendo del capo lentamente).
Già, il piccolo Eyolf, e anche il tuo grande Eyolf.
Allmers
(fissando lo sguardo nel vuoto).
Chi sa che di tanto in tanto sul cammino della vita non ci sia dato scorgere come un barlume di loro.
Rita.
Dove dobbiamo guardare, Alfredo?
Allmers
(posando lo sguardo su di lei).
In alto.
Rita (annuendo del capo).
Sì, sì, in alto.
Allmers.
In alto, verso le cime, verso le stelle, e verso il silenzio infinito.
Rita (gli porge la mano).
Grazie!
Fine.
Nota del Trascrittore
Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.
Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.